martedì 2 giugno 2015

G. D’Annunzio e il Correggio






 
G. D’Annunzio       Il libro segreto        Milano, Mondadori, 1977
                                       ( 1935 )

Il Correggio mi dà una giovine dama molle, nivea, rosea soltanto nelle piante de’ piedi, nelle punte delle dita. una forma bestiale, una sorta di mostruosa nuvola grigia l’abbranca. una zampa grigia passa di sotto all’ascella della Inachia. e tutto quel grigiore nùbilo si gonfia d’impudicizia come d’una burrasca d’agosto; e vi s’intravvede la faccia del marito di Giuno rabidamente popputa che pur in grazia di Eurimedonte e d’altri giganteschi maschi aveva fornito di corna il Massimo prima ch’ei si mutasse in toro al ratto della bianchissima figlia d’Agenore !
E il Tintoretto, togliendo ai vecchioni la carne di Susanna della tribù di Giuda, la dona in gloria al pagano Sole.



Hortulus animae

Le foreste



Foreste bionde come donne bionde,
e taciturne, verso i grandi cieli
sognano, ove la nuvola diffonde
lenta i suoi veli;

bionde con un pallor roseo, quale
vide il Correggio, o Acrisio, il tuo tesoro:
Danae vinta da la gioviale
nuvola d’oro;

e taciturne, ma con un respiro
voluttuoso come di chi gode
il sonno primo, - e pur qualche sospiro
fievole s’ode

ne l’aria vaporata ch’è sì morta
che non da ramo foglia al suolo cade,
sì che varcata sembrami la porta
aver de l’Ade.

Alto silenzio in un oblìo profondo
come ne l’Ade ove discese Orfeo.
Abbraccia le foreste l’errabondo
fiume leteo.

Circonfuse d’oblìo le solitarie
dormono lungo i piani e su pe’ monti;
sognano. Splende l’arida cesarie
d’oro ai tramonti.

Splende come non mai qual per segreti
prestigi; e pare che l’incendio irrompa
e si propaghi. Guardano i poeti
l’ultima pompa.

Guardan l’ultima volta fiammeggiare
divinamente ai monti e a le pianure,
muti, le sacre al vento aquilonare
capellature:

muti: e un divino amor l’Anima pensa.
- Or che è mai la fiamma d’altre chiome?
O tu, bionda foresta, amante immensa
e senza nome,

o tu che sogni verso i grandi cieli,
tu che il fiume invisibile circonda
di antico oblìo; la nube di suoi veli
come te bionda,

foresta, accogli il nostro amor supremo,
tu che non sai! Troppo è di noi più forte
la vita. Ora chiediamo a te l’estremo
sonno, la morte.

Ma non l’opaca morte ne le bare
sterili; ben, la pace in che tu sogni
verso i cieli: dormir teco, sognare
tutti i tuoi sogni. -

Non giunge a le dormenti il van desìo
foreste bionde come donne bionde.
Invisibile il fiume de l’oblìo
le circonfonde

sole; e i poeti, soli, impallidire
guardan le chiome verso i cieli spenti.
Oh chiome armoniose come lire,
promesse ai vènti!

Cade su tutte l’ombra. Ora (ascoltate)
or piangon ne la sera umida, belle
e dolci come amanti abbandonate,
sotto le stelle.



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