Le
più belle pagine di Edoardo Scarfoglio scelte da Alberto Consiglio,
Milano, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932
“ Il
vento etèsio ( in morte di Guido Boggiani ) “
L'articolo
è all'insegna della “ Vita inimitabile “ dannunziana, ma in
realtà già preconizzata dall'esteta Adolfo De Bosis : “ …
pensammo … di dare al nostro spirito una grande festa, di celebrare
l'ultima orgia dionisiaca di nostra vita. E partimmo con Gabriele
d'Annunzio, sulla mia “Fantasia”, dalle immense vele, per la
Grecia.
Compimmo
tutto il sacro pellegrinaggio. Ci tuffammo nelle acque dell'Alfeo, ci
prostrammo davanti all' “Ermete” di Prassitele nella
fiammeggiante pianura di Olimpia, scendemmo dagli alti santuari di
Delfo con le mani piene di fiorellini d'agnocasto, c'inchinammo sulle
tombe degli Atridi a Micene, esplorammo tutti i templi e tutti i
musei ateniesi. Il vento etèsio, che Giove concesse in ricompensa
del culto devoto a un Re dell'isola Zea, sospinse la nostra navicella
sullo specchio azzurro del golfo di Corinto, nella baia d'Itea, e
lungo la costa sinuosa del Peloponneso, e quante stelle ardono nel
cielo già popolato di numi illuminarono le lunghe notti che noi
passammo sul ponte inclinato sotto lo sforzo delle vele, mentre
davanti a noi fuggivano le ombre del mondo che, prima, la nostra
gente amò. “
Album
d'Annunzio, Milano,
Mondadori, 1990
Pag.
168 : “ Nell'estate 1895 d'Annunzio salpa alla volta dell'Ellade
“sculta” sul panfilo Fantasia di Scarfoglio, con Hérelle,
Marciantonio e il pittore Guido Boggiani.
Il
viaggio in Grecia è peraltro di prammatica in questi anni. Niente è
à la page come Micene dopo che Schliemann crede di aver riesumato
dalle polveri della secca Argolide le maschere auree di Agamennone e
Clitennestra. … Il 29 luglio il Fantasia salpa da Gallipoli. Della
crociera conosciamo ogni particolare, non tanto perché d'Annunzio ne
ha fatto materia di un journal e del primo libro delle Laudi ( Maia o
Laus vitae ), quanto perché tutti i partecipanti tennero un loro
diario. Al di là della trasfigurazione poetica, possiamo così
controllare la veridicità dannunziana. E' dunque vero : si tuffa
nudo e nudo si aggira sul ponte, proprio come racconta : “ Al
piacere vivo che provo nel rimanere ignudo, alla mia disinvoltura nel
muovermi, nella mancanza assoluta di pudore fisico, sento che
veramente io sono penetrato d'ellenismo fino alle midolle e che avrei
dovuto nascere ad Atene, esercitare nei ginnasi la giovinezza. “ E'
però anche vero che d'Annunzio qualcosa tace o travisa con la
fantasia eccitata dal viaggio avventuroso. Tutt'altro che una vergine
Ifigenia ( così la ribattezza ) carica a bordo. E' invece una
prostituta d'infimo rango di cui pare proprio non possa fare a meno,
come non può fare a meno di una stiratrice per la sua fine lingerie.
La Grecia poi gli appare squallida, lurida, degradata. Le mosche
annuvolano l'aria, i cibi sono stantii e fa troppo caldo. A Olimpia
s'inginocchia adorante dinanzi al mirabile Ermete di marmo pario, ma
la religiosa contemplazione viene interrotta dall'afa soffocante.
Perciò si denuda e si getta nel gelido Alfeo : “ ho in me
splendida l'imagine di Aretusa inseguita dal furioso amante fin nel
mar siciliano. “
Cfr.
Maia, XIV, “ Il Sunio “
Sunio,
un mercatore fenicio
fui
guardandoti, un montanaro
d'Ircania
portato alla guerra
su
nave di Medi, un Bitinio
della
Propòntide in commercio
d'acònito,
un frumentiere
del
Chersoneso, un vinaio
di
Chio fui guardandoti, ed ebbi
tant'occhi
per istupirmi
pupille;
e per venerarti
piloto
di Fàlero fui
reduce
da Panticapèo,
rivarcato
alfin l'Ellesponto
e
alfine il Geresto d'Eubea
dopo
traffico lungo;
ed
anche l'oplìte devoto
fui
della Republica, a guardia
dell'argentifero
lido,
del
metallo sacro all'impresso
conio
dell'epònima dea.
Promontorio
fra tutti
venerando,
altèra cervice
della
Paràlia rupestra,
il
tuo tempio par che si sciolga
come
lentissima neve
alle
primavere del mare.
Il
sale mordace cancella
dalla
colonna il solco
dorico,
nel masso fenduto
dell'architrave
consuma
le
groppe ai Centauri e le corna
al
maratonio Toro
domato
dall'attica forza.
Maratona,
Maratona,
aquila
precipitosa
dall'ali
irsute di lance,
ben
ti venne Tèseo sul fronte
degli
opliti a fianco d'Echètlo,
dell'eroe
rurale che uccise
gran
turbe di Medi col suo
mànico
d'aratro e poi sparve.
Io
sul tuo tumulo grande
colsi
una rama d'alloro
che
dure avea foglie di bronzo
ma
bacche tra nere e azzurrigne
rilucenti
come la testa
della
rondinella cecròpia.
Poi,
su la spiaggia arenosa
quasi
palestra solenne,
raccolsi
una selce che avea
forma
di man chiusa. Ed allora
vidi
Cinegìro figliuolo
d'Euforione
aggrapparsi
alla
protome della prua
barbarica,
sotto la scure
del
Medo; il combattimento
maraviglioso
dell'Uomo
e
della Nave, nel sangue
nell'incendio
e nell'oro
di
Serse, vidi anelando;
e
chinarsi Eschilo armato
sopra
il rosso tronco fraterno.