domenica 23 agosto 2015

Emilio Cecchi, Et in Arcadia ego






Emilio Cecchi, Saggi e viaggi, Milano, Mondadori, 1997


Pag. 699, “ Achilleion “, ( a Corfù ) si accenna all'Isola dei Morti di Boecklin, che ne avrebbe avuto l'ispirazione proprio sotto il giardino della villa in stile liberty dell'imperatore tedesco Guglielmo in esilio.
Pagg. 703-706, “ Mercato a Candia “, per la vivacità della rappresentazione ricorda E. de Amicis, Marocco, 1876.
Pag. 707, “ Cnosso “, interessante per la reinterpretazione archeologica del mito : il palazzo della labrys ( la bipenne del culto cretese ) corrisponde così al famoso labirinto.
Nel complesso Cecchi ci presenta una Grecia ben diversa e assai ruspante rispetto a quella eroica e fulgente di D'Annunzio in Maia, 1903.
L'anno del viaggio in Grecia è il 1934, vedi pag. 720. Nello stesso brano c'è un riferimento a Hitler e ai nazisti. Il capitolo s'intitola “ Mamme, serve e ragazzi “.
Pag. 724, bellissima la descrizione del tramonto a Delfo, accompagnata da considerazioni ironiche su se stesso e la preoccupazione antiromantica della propria generazione.
Pag. 731, “ La tartaruga “, descrizione di Delfo, del tempio e della fonte Castalia. Trova una testuggine che si muove tra l'erba. Cfr. a pag. 87 ( Roma, Newton, 1995 ) Maia di D'Annunzio, dove si riferisce alla fonte Castalia.

( Biancheggiano gli escrementi
dei falchi su pe' macigni
di quella caverna montana
ricovero ai greggi e agli uccelli
rapaci, dove sitibondi
scoprimmo la vena dell'acqua?
Sì chiara che n'ebbi certezza
sol quando v'immersi le mani,
si fredda che quando la bevvi
mi dolse la nuca pel gelo.
O Fedriadi ardenti
come due scaglie cadute
da Sirio, la vostra sublime
aridità nel meriggio
m'accecò gli occhi del vólto
ma tutti i miei spirti agitati,
come sul vaporante
spiracolo i capri dell'ansio
Coreta, balzarono in fiero
tumulto e qual sangue d'aurore
videro il vermiglio avvenire.
Fumano ancor sul Cirfi
i roghi? La sfinge di Nasso
decapitata ma alata
protende le branche sul sacro
cammino? Le tre danzatrici
dalle mammelle corrose
danzano ancóra intorno
alla colonna fogliuta
di acanti? Filano ancóra
sotto i due platani vasti
le donne focesi, dinanzi
al Fonte Castalio, vestite
d'azzurro? Non la pietra
umbilicale dell'Orbe
ma invano cercai nella polve
la tomba del figlio d'Achille!
E non volli altro letto
per la mia delfica notte
se non la terra presàga
tra i due platani vasti
chiomati di fronde e di stelle.
Vedute io le avea, nella sera
purpurea, silenziose
emergere dalla durezza
dell'antro. Miste alla roccia,
come le imagini sculte
nelle metòpi dei templi,
si tacevano in cerchio
le Castàlidi; e gli occhi
lor grandi eran fisi, il Passato
il Presente il Futuro
con un solo sguardo abbracciando.
Prigioni del sasso per sempre
eran elle? I piedi leggeri
che tessuto aveano in figure
di danza la fresca bellezza
del mondo, i bei piedi leggeri
di Terpsicòre constretti
eran nell'inerzia rupestre?
Dal nudo macigno agguagliate
mi sparvero. Ma le rividi
libere nel sogno ch'io m'ebbi.
Venivan per le vie de' vènti
com'aquile senza nido
nell'alba a volo, nell'alba
crepitante di mille
e mille fiaccole accese
che i Distruttori e i Creatori
squassavano in pugno gridando
di gioia coi lordi capelli
coperti di bianca rugiada,
con le calcagna gravi
d'umida zolla e di foglie.
Come stuol d'aquile senza
nido, venivan le nove
Castàlidi a volo nell'alba,
lacere i pepli, sconvolte
le chiome, odorate di sangue
e d'incendio, ebre di risa
e di pianti, tumultuose
di forze atroci e d'amori
ineffabili, piene
i polsi di ritmi discordi. )

Pagg. 748-752, “ Concetti etici nella Grecia antichissima “, recensione di un'opera di Giorgio Pasquali, molto interessante soprattutto per l'idea del libero arbitrio e del dio unico. Riferimento a questo proposito all'Odissea, I, 32 e all' “ Orestea “, precisamente l'Agamennone di Eschilo.
Vedi “ Sonni nell'orto “, pag. 761. Si tratta di uno straordinario bozzettista. E' surreale e quanto mai suggestiva la descrizione dei letti all'aperto sotto le frasche, usati dai contadini greci per la siesta.
Pag. 765, “ Olimpia “ e pag. 766 “ Et in Arcadia ego “, considerazioni estetiche sulle rovine di Olimpia : “ ... un luogo sulla terra dov'è realtà concreta, tangibile, quello che, da Tiziano a Pussino, parve soltanto fantasia dei più sublimi paesisti. Un luogo dove uno può credere di trovarsi fra gli alberi e i colossi evocati da Keats nell'Iperione. “ Vedi anche D'Annunzio, Maia, pag. 43 “ Gli Elleni a Olimpia “ e pag. 54 “ Eos “ ( “ la bianca strage dei marmi “ ), il poeta evoca sensazioni non dissimili da quelle di Cecchi.

( Alba apparita dal sacro
Cillene, il mio canto novello
salire a te non si ardisce;
ma tu risplendi per sempre
su le mie sorti guerriere
freschissima confortatrice!
Da te beve come da un fonte
l'arsura della battaglia.
Stendere tu suoli il tuo velo
su la mia febbre animosa.
Ti guardo allor che il periglio
è presente, ti guardo
allor che mi stringe il dolore,
ti guardo allor che m'accingo
a scuotere l'anima mia
come arbore troppo gravato
di frutti maturi,
e dico: «Il mio giorno incomincia»
con ineffabile gaudio
entro me udendo il respiro
lene del divino fanciullo.
Lui sotto il platano, ancóra
dormente, lasciai tra il suo gregge
nell'Alti. E come dal cavo
còrtice sgorga la copia
del miele e liquida cola
giù pel tronco insino alla ceppa:
la flava ricchezza adunata
dall'api sembra una gomma
pingue che gema dal cuore
dell'arbore, dono agli umani:
così la sua grazia facea
ricco il platano sterile
e quasi apparia stirpe d'oro
prodotta co' i rami e le frondi
naturalmente alla luce.
Tacito partìimi, nudato
i piedi, per mezzo la bianca
strage dei marmi, scendendo
a riva. E la veste di lino
erami grave. Mi scinsi.
Palpitai nell'aere chiaro.
Con qual grido in me riconobbi
l'antica natura dell'acqua
scagliandomi nella corrente
del mitico Alfeo!
Correva quel fiume in gran letto
ghiaioso ardente consparso
di platani di tamerici
d'oleandri selvaggi;
e le cicale col canto
e col susurro le frondi
accompagnavano il croscio
robusto del rapitore.
«Io Arethusa, io Arethusa!»
Agili guizzavan nel gelo
i muscoli all'impeto avverso
resistendo; ma d'improvviso
per tutta la carne un'azzurra
fluidità mi ricorse
e i muscoli furon su l'ossa
come i fili dell'acqua
turgidi contra le selci.
E non più lottar volle il corpo
a nuoto ma cedere tutto
alla rapina sonora,
ma essere quella rapina,
ma perdere il limite umano,
espandersi fino all'alpestre
origine, correre a valle
dal monte, ritorcersi in lunghi
meandri, polire le rupi,
l'erbe inclinare, i campi
rodere, scalzar le radici,
detergere il gregge, di schiume
fervere, tingersi di cielo,
splendere di raggi, gonfiarsi
di tributi limosi,
il limo deporre, chiarirsi
com'aere gelido, in ogni
goccia crescere impeto e brama,
contro il Mar che agguaglia afforzarsi
di rapidità, fiume eterno
persistere nell'amarezza.
«O Alfeo d'Aretusa, più vaste
correnti solcan le valli
terrestri, il Tànai estremo
dirime innumere stirpi,
termine d'imperi è il profondo
Istro, il settemplice Nilo
trasmuta le arene in immense
biade e specchia ardui sepolcri.
Ma sol tu sei regnatore
nel mito, bel re cristallino!
I più grandi beve per sempre
l'inevitabile ponto.
Morte informe in pèlaghi estingue
tanta forza irrigua. Tu solo,
rena d'amore immortale
palpitante nell'amarezza,
tu solo persisti e trascorri,
puro qual nascesti dal fonte,
al segno del tuo desiderio
lontano. O Alfeo d'Aretusa,
ch'io sia come te nel mio mare!» )

Pag. 788, i Greci secondo Cecchi ebbero “ una pittura che in qualche modo corrispondeva a quella del Correggio, o del Tiziano maturo “. Il fatto è che di tal pittura non è rimasto nulla.
Pag. 789, concezioni della morte secondo gli antichi Greci : “ Starsene seduti sullo scalino del sepolcro, aspettando una buona persona che ogni tanto veniva a ripigliare i vecchi argomenti, nel clima tenero e limpido d'un'arcadia sovrumana. Parlarsi, con piane, affettuose verità; quasi come se niente fosse accaduto. Senza strida, senza scene, senza borse agli occhi. “
Nel “ Poscritto 1957 “ sono varie considerazioni sulla crisi dei musei, sull'epigramma greco, su Plutarco ( molto interessante ), sull'ambiente e la flora.
Pag. 842, nella descrizione del sito di Olimpia si parla di Pindaro. Pagine interessanti : la poesia di Pindaro viene considerata la fonte della rappresentazione statuaria sui frontoni del tempio di Zeus. In effetti la poesia di Pindaro coglie l'attimo significativo del mito come nell'atto immortalato nel marmo. Le osservazioni sulle traduzioni moderne di Pindaro sono da intenditore. L'autore mostra una notevole vastità di letture nel citare i giudizi di Goethe, di Voltaire e di Manzoni ( che non lo apprezzava ! ) su Pindaro.
NB a pag. 853 afferma che in Grecia non si è mai dovuto accorgere d'una sopravvivenza di rancori antitaliani. In Grecia sono stato anch'io e devo dire che soprattutto il popolino manifesta un'ostinata avversione nei confronti per lo meno della lingua italiana, che generalmente intende benissimo. Sono tutti fanatici dell'inglese e la cosa, sebbene non anacronistica, mi fa un po' sorridere, ma come ! Una buona parte delle isole greche è sempre stata veneziana ( e il resto turco ) e questi parlano una lingua atlantica ! Ma parlate italiano ai vostri fratelli italiani !
Pag. 857, suggestiva descrizione del sito archeologico di Micene. L'ho rivista nella memoria tale e quale. Romantico il quadretto delle capre sull'adiacente monte Zara ( la cui forma ricorda una piramide ).

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