Emilio
Cecchi, Saggi e viaggi, Milano, Mondadori, 1997
Pag.
699, “ Achilleion “, ( a Corfù ) si accenna all'Isola dei Morti
di Boecklin, che ne avrebbe avuto l'ispirazione proprio sotto il
giardino della villa in stile liberty dell'imperatore tedesco
Guglielmo in esilio.
Pagg.
703-706, “ Mercato a Candia “, per la vivacità della
rappresentazione ricorda E. de Amicis, Marocco, 1876.
Pag.
707, “ Cnosso “, interessante per la reinterpretazione
archeologica del mito : il palazzo della labrys ( la bipenne del
culto cretese ) corrisponde così al famoso labirinto.
Nel
complesso Cecchi ci presenta una Grecia ben diversa e assai ruspante
rispetto a quella eroica e fulgente di D'Annunzio in Maia,
1903.
L'anno
del viaggio in Grecia è il 1934, vedi pag. 720. Nello stesso brano
c'è un riferimento a Hitler e ai nazisti. Il capitolo s'intitola “
Mamme, serve e ragazzi “.
Pag.
724, bellissima la descrizione del tramonto a Delfo, accompagnata da
considerazioni ironiche su se stesso e la preoccupazione
antiromantica della propria generazione.
Pag.
731, “ La tartaruga “, descrizione di Delfo, del tempio e della
fonte Castalia. Trova una testuggine che si muove tra l'erba. Cfr. a
pag. 87 ( Roma, Newton, 1995 ) Maia di D'Annunzio, dove si
riferisce alla fonte Castalia.
(
Biancheggiano gli escrementi
dei
falchi su pe' macigni
di
quella caverna montana
ricovero
ai greggi e agli uccelli
rapaci,
dove sitibondi
scoprimmo
la vena dell'acqua?
Sì
chiara che n'ebbi certezza
sol
quando v'immersi le mani,
si
fredda che quando la bevvi
mi
dolse la nuca pel gelo.
O
Fedriadi ardenti
come
due scaglie cadute
da
Sirio, la vostra sublime
aridità
nel meriggio
ma
tutti i miei spirti agitati,
come
sul vaporante
spiracolo
i capri dell'ansio
Coreta,
balzarono in fiero
tumulto
e qual sangue d'aurore
videro
il vermiglio avvenire.
Fumano
ancor sul Cirfi
i
roghi? La sfinge di Nasso
decapitata
ma alata
protende
le branche sul sacro
cammino?
Le tre danzatrici
dalle
mammelle corrose
danzano
ancóra intorno
alla
colonna fogliuta
di
acanti? Filano ancóra
sotto
i due platani vasti
le
donne focesi, dinanzi
al
Fonte Castalio, vestite
d'azzurro?
Non la pietra
umbilicale
dell'Orbe
ma
invano cercai nella polve
la
tomba del figlio d'Achille!
E
non volli altro letto
per
la mia delfica notte
se
non la terra presàga
tra
i due platani vasti
chiomati
di fronde e di stelle.
purpurea,
silenziose
emergere
dalla durezza
dell'antro.
Miste alla roccia,
come
le imagini sculte
nelle
metòpi dei templi,
si
tacevano in cerchio
le
Castàlidi; e gli occhi
lor
grandi eran fisi, il Passato
il
Presente il Futuro
con
un solo sguardo abbracciando.
Prigioni
del sasso per sempre
eran
elle? I piedi leggeri
che
tessuto aveano in figure
di
danza la fresca bellezza
del
mondo, i bei piedi leggeri
di
Terpsicòre constretti
eran
nell'inerzia rupestre?
Dal
nudo macigno agguagliate
mi
sparvero. Ma le rividi
libere
nel sogno ch'io m'ebbi.
Venivan
per le vie de' vènti
com'aquile
senza nido
nell'alba
a volo, nell'alba
crepitante
di mille
e
mille fiaccole accese
che
i Distruttori e i Creatori
squassavano
in pugno gridando
di
gioia coi lordi capelli
coperti
di bianca rugiada,
con
le calcagna gravi
d'umida
zolla e di foglie.
Come
stuol d'aquile senza
nido,
venivan le nove
Castàlidi
a volo nell'alba,
lacere
i pepli, sconvolte
le
chiome, odorate di sangue
e
d'incendio, ebre di risa
e
di pianti, tumultuose
di
forze atroci e d'amori
ineffabili,
piene
i
polsi di ritmi discordi. )
Pagg.
748-752, “ Concetti etici nella Grecia antichissima “, recensione
di un'opera di Giorgio Pasquali, molto interessante soprattutto per
l'idea del libero arbitrio e del dio unico. Riferimento a questo
proposito all'Odissea, I, 32 e all' “ Orestea “,
precisamente l'Agamennone di Eschilo.
Vedi
“ Sonni nell'orto “, pag. 761. Si tratta di uno straordinario
bozzettista. E' surreale e quanto mai suggestiva la descrizione dei
letti all'aperto sotto le frasche, usati dai contadini greci per la
siesta.
Pag.
765, “ Olimpia “ e pag. 766 “ Et in Arcadia ego “,
considerazioni estetiche sulle rovine di Olimpia : “ ... un luogo
sulla terra dov'è realtà concreta, tangibile, quello che, da
Tiziano a Pussino, parve soltanto fantasia dei più sublimi paesisti.
Un luogo dove uno può credere di trovarsi fra gli alberi e i colossi
evocati da Keats nell'Iperione. “ Vedi anche D'Annunzio,
Maia, pag. 43 “ Gli Elleni a Olimpia “ e pag. 54 “ Eos “
( “ la bianca strage dei marmi “ ), il poeta evoca sensazioni non
dissimili da quelle di Cecchi.
(
Alba apparita dal sacro
Cillene,
il mio canto novello
salire
a te non si ardisce;
ma
tu risplendi per sempre
su
le mie sorti guerriere
freschissima
confortatrice!
Da
te beve come da un fonte
l'arsura
della battaglia.
Stendere
tu suoli il tuo velo
su
la mia febbre animosa.
Ti
guardo allor che il periglio
è
presente, ti guardo
allor
che mi stringe il dolore,
ti
guardo allor che m'accingo
a
scuotere l'anima mia
come
arbore troppo gravato
di
frutti maturi,
e
dico: «Il mio giorno incomincia»
entro
me udendo il respiro
lene
del divino fanciullo.
Lui
sotto il platano, ancóra
dormente,
lasciai tra il suo gregge
nell'Alti.
E come dal cavo
còrtice
sgorga la copia
del
miele e liquida cola
giù
pel tronco insino alla ceppa:
la
flava ricchezza adunata
dall'api
sembra una gomma
pingue
che gema dal cuore
dell'arbore,
dono agli umani:
così
la sua grazia facea
ricco
il platano sterile
e
quasi apparia stirpe d'oro
prodotta
co' i rami e le frondi
naturalmente
alla luce.
Tacito
partìimi, nudato
i
piedi, per mezzo la bianca
strage
dei marmi, scendendo
a
riva. E la veste di lino
erami
grave. Mi scinsi.
Palpitai
nell'aere chiaro.
Con
qual grido in me riconobbi
l'antica
natura dell'acqua
scagliandomi
nella corrente
del
mitico Alfeo!
ghiaioso
ardente consparso
di
platani di tamerici
d'oleandri
selvaggi;
e
le cicale col canto
e
col susurro le frondi
accompagnavano
il croscio
robusto
del rapitore.
«Io
Arethusa, io Arethusa!»
Agili
guizzavan nel gelo
i
muscoli all'impeto avverso
resistendo;
ma d'improvviso
per
tutta la carne un'azzurra
fluidità
mi ricorse
e
i muscoli furon su l'ossa
come
i fili dell'acqua
turgidi
contra le selci.
E
non più lottar volle il corpo
a
nuoto ma cedere tutto
alla
rapina sonora,
ma
essere quella rapina,
ma
perdere il limite umano,
espandersi
fino all'alpestre
origine,
correre a valle
dal
monte, ritorcersi in lunghi
meandri,
polire le rupi,
l'erbe
inclinare, i campi
rodere,
scalzar le radici,
detergere
il gregge, di schiume
splendere
di raggi, gonfiarsi
di
tributi limosi,
il
limo deporre, chiarirsi
com'aere
gelido, in ogni
goccia
crescere impeto e brama,
contro
il Mar che agguaglia afforzarsi
di
rapidità, fiume eterno
persistere
nell'amarezza.
«O
Alfeo d'Aretusa, più vaste
correnti
solcan le valli
terrestri,
il Tànai estremo
dirime
innumere stirpi,
termine
d'imperi è il profondo
Istro,
il settemplice Nilo
trasmuta
le arene in immense
biade
e specchia ardui sepolcri.
Ma
sol tu sei regnatore
nel
mito, bel re cristallino!
I
più grandi beve per sempre
l'inevitabile
ponto.
Morte
informe in pèlaghi estingue
tanta
forza irrigua. Tu solo,
rena
d'amore immortale
palpitante
nell'amarezza,
tu
solo persisti e trascorri,
puro
qual nascesti dal fonte,
al
segno del tuo desiderio
lontano.
O Alfeo d'Aretusa,
ch'io
sia come te nel mio mare!» )
Pag.
788, i Greci secondo Cecchi ebbero “ una pittura che in qualche
modo corrispondeva a quella del Correggio, o del Tiziano maturo “.
Il fatto è che di tal pittura non è rimasto nulla.
Pag.
789, concezioni della morte secondo gli antichi Greci : “ Starsene
seduti sullo scalino del sepolcro, aspettando una buona persona che
ogni tanto veniva a ripigliare i vecchi argomenti, nel clima tenero e
limpido d'un'arcadia sovrumana. Parlarsi, con piane, affettuose
verità; quasi come se niente fosse accaduto. Senza strida, senza
scene, senza borse agli occhi. “
Nel
“ Poscritto 1957 “ sono varie considerazioni sulla crisi dei
musei, sull'epigramma greco, su Plutarco ( molto interessante ),
sull'ambiente e la flora.
Pag.
842, nella descrizione del sito di Olimpia si parla di Pindaro.
Pagine interessanti : la poesia di Pindaro viene considerata la fonte
della rappresentazione statuaria sui frontoni del tempio di Zeus. In
effetti la poesia di Pindaro coglie l'attimo significativo del mito
come nell'atto immortalato nel marmo. Le osservazioni sulle
traduzioni moderne di Pindaro sono da intenditore. L'autore mostra
una notevole vastità di letture nel citare i giudizi di Goethe, di
Voltaire e di Manzoni ( che non lo apprezzava ! ) su Pindaro.
NB
a pag. 853 afferma che in Grecia non si è mai dovuto accorgere d'una
sopravvivenza di rancori antitaliani. In Grecia sono stato anch'io e
devo dire che soprattutto il popolino manifesta un'ostinata
avversione nei confronti per lo meno della lingua italiana, che
generalmente intende benissimo. Sono tutti fanatici dell'inglese e la
cosa, sebbene non anacronistica, mi fa un po' sorridere, ma come !
Una buona parte delle isole greche è sempre stata veneziana ( e il
resto turco ) e questi parlano una lingua atlantica ! Ma parlate
italiano ai vostri fratelli italiani !
Pag.
857, suggestiva descrizione del sito archeologico di Micene. L'ho
rivista nella memoria tale e quale. Romantico il quadretto delle
capre sull'adiacente monte Zara ( la cui forma ricorda una piramide
).
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