Giuseppe
Tomasi di Lampedusa Opere
Milano,
Meridiani Mondadori, 2011
Tre
autori dell'Ottocento
Stendhal
L'autore
si rivela un conoscitore profondissimo della letteratura francese ( e
inglese ) e di Stendhal ci rivela l'aspetto meno noto di artista : (
p. 1859 ) “ Nel suo Julien Sorel Stendhal ha espresso se stesso,
quale realmente era, con i suoi ambiziosi desideri. In Fabrizio del
Dongo ha conferito vita reale, invece, all'uomo che avrebbe voluto
essere, all'uomo nobile, ricco, amato, che egli non fu. Gli diede la
vita e poi lo rinchiuse in prigione, commovente espressione della
chiarezza della sua intuizione. “
P.
1863. Considerazioni sullo stile di Stendhal assai perspicaci e
basate sulla constatazione che lo scrittore francese tende
costantemente a sfrondare la frase di ogni aggettivazione o altra
ridondanza inutile e a fornire al lettore l'essenziale, come
l'essenza di un profumo, perché è proprio nella sensazione
profonda, nel forte sentire quello che l'immaginazione e il ricordo
gli suggeriscono, che consiste la motivazione allo scrivere.
P.
1870 e sg., le considerazioni sulla Histoire
de la peinture en Italie
sottolineano l'importanza dello scritto in quanto rivela appieno la
personalità originalissima di Stendhal, che vivifica e rende attuale
una materia oggetto da sempre delle elucubrazioni accademiche dei
pedanti, i cosiddetti “specialisti”, in verità la peggior genìa
di ammorbanti noiosi che ci sia sulla faccia della terra.
P.
1884. Retroscena e origini di Armance.
La storia dell'impotente Octave era stata già narrata nell'Olivier
di Mme De Duras e nell'omonimo romanzo di M. de Latouche. La malizia
di Stendhal sta nel fatto di aver trasformato nel classico misterioso
eroe romantico un impotente. Come a dire che i tenebrosi segreti dei
bei tenebrosi sono dovuti a inconfessabili “défaillances”.
P.
1891-92. Geniale è l'individuazione del punto di vista del
narratore. Non si tratta nel caso di Le
rouge et le noir
di una narrazione in prima persona, ma di un intervento indiretto
dell'autore che a seconda delle circostanze canalizza anche in
personaggi secondari il flusso dell'azione e il punto di vista da cui
la si osserva. Sicché a volte riferisce i pensieri anche più
reconditi di Julien a volte quelli di Mathilde e così via.
Interessanti le seguenti affermazioni : “ Risultato di questa
tecnica di quasi incredibile sottigliezza … è la completa fusione
dell'autore, del personaggio e del lettore. Questi non è più un
estraneo che contempla l'azione ma quasi sempre uno degli attori
della azione stessa. “
P.
1895-96. Riguardo agli ambienti nota giustamente Tomasi che essi non
vengono mai descritti direttamente né minuziosamente ( come Manzoni
! ) ma piuttosto suggeriti in pochi tratti, qualche aggettivo che
accompagna un nome significativo. Insomma l'ambiente è affidato
soprattutto all'immaginazione del lettore ed è il frutto dell'azione
stessa dei personaggi che ne è necessariamente condizionata. Basta
pensare ( l'esempio è riportato da Tomasi ) alla biblioteca di
palazzo De La Mole dove si svolgono scene madri per il romanzo.
Ricordo anche, e questa è una differenza fondamentale tra Stendhal e
Manzoni, che il lago di Como è appena tratteggiato ne La
Chartreuse de Parme, mentre ne I promessi sposi
costituisce quella tremenda tortura cinese per gli studenti dei primi
anni del Liceo.
P.
1900-01. Importante, qui a proposito dei Mémoires d'un touriste,
ma in genere circa lo stile di Stendhal, è la seguente affermazione
: “ … ed alcune sono davvero delle idee e non delle sensazioni
che costituiscono l'autentica riserva di caccia stendhaliana. ”
Insomma, anche se Stendhal non descrive le sensazioni, come ad es.
D'Annunzio, però le fa “sentire” nell'ambiente, nell'espressione
dei suoi personaggi e quindi, nonostante tutte le evidenti
differenze, mostra una sensibilità affine a quella dei parnassiani (
Gautier ) e dei decadenti ( Huysmans, D'Annunzio, Wilde ).
P.
1907-08. Caratteristica fondamentale de La chartreuse de Parme
è che “ i fatti non intendono esser narrati come sono ma come
appaiono al temperamento frivolo, ma nello stesso tempo coraggioso e
“strafottente” di Fabrizio, temperamento di “uomo di società”
che riduce al proprio livello il mondo esteriore. “ Insomma tutti
gli avvenimenti del romanzo sono visti attraverso gli occhi di
Fabrizio del Dongo “ mente smagata, simpatica, accomodante,
signorile e non troppo intelligente. “
P.
1917 e sg. A proposito di Prosper Mérimée sottolinea la sua
parentela e discendenza stilistica da Stendhal. Forse più di
Stendhal Mérimée ha dato vita a uno stile asciutto, privo di
qualsiasi elemento non essenziale, rifiutando l'emotività romantica
pur occupandosi sempre di vicende passionali. E' chiaro che Tomasi
predilige questa razza di scrittori, del resto la sua Sicilia è
stata la patria del Verismo.
P.
1934. A proposito di Gobineau, a parte le considerazioni su uno
scrittore, indubbiamente valido, ma che oggi è praticamente
impossibile leggere, è interessante il riferimento all'amicizia tra
questo autore francese, cui viene attribuita la paternità dell'idea
razzista della supremazia della stirpe ariana, e Nietzsche e Wagner.
Non solo, ma se effettivamente si potessero leggere le opere di
Gobineau ( che al pubblico medio sono viete ) si capirebbero molte
cose sull'atmosfera culturale del suo tempo e anche forse su questo
benedetto ( o maledetto ? ) mito ariano che ha dato la stura
all'autoesaltazione germanica ( ma gli ariani erano i persiani ! ).
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