sabato 2 febbraio 2019

F. W. Nietzsche, Sulla tragedia greca


F. W. Nietzsche, Due conferenze pubbliche sulla tragedia greca ( 1870 ), Opere 1870-1881, Roma, Newton Compton, 1993


P. 44, ( Prima conferenza : il dramma musicale greco ) la culla del dramma : esso “ non incomincia là dove qualcuno si traveste per far nascere in altri un'illusione . No, ma piuttosto là dove l'uomo è fuori di sé e si crede trasformato e oggetto d'incantesimo. “ Sopra ha affermato che il dramma musicale greco nasce dal sentimento religioso popolare e la musica era un tutt'uno con la parola. Non come hanno inteso i musici del Rinascimento che hanno elaborato un dramma musicale completamente diverso da quello greco, in cui la musica ha il sopravvento sul testo poetico e non vi è partecipazione corale del popolo. Le stesse maschere usate sulla scena avevano un'origine cultuale e popolare per non dire agreste, legate com'erano alle feste contadine della primavera.
P. 47, “ La tragedia antica, … si può dire ch'essa nei suoi primi gradi di sviluppo badasse non tanto all'azione, al dràma, quanto alla passione, al pàthos. … Che altro era originariamente la tragedia se non una lirica obiettiva, un canto sgorgato da una situazione propria di certi esseri mitologici, i quali erano rappresentati nei loro stessi costumi ? Dapprima un coro ditirambico di uomini travestiti da Satiri e da Sileni dovette svolgere l'ufficio di spiegare ciò che l'aveva portato a tale stato di eccitazione : esso indicava qualche particolare, che fosse immediatamente comprensibile agli ascoltatori, tratto dalle storie delle lotte e delle passioni di Diòniso. “
P. 50 ( Seconda conferenza : Socrate e la tragedia ) ecco Euripide, colui che ha decretato la condanna a morte della tragedia, perché l'ha snaturata portando sulla scena l'uomo comune sostituito all'eroe. Così il suo stesso linguaggio poetico è una trasposizione sulla scena del linguaggio del popolo come del suo modo di sentire. Egli è un educatore del popolo, un sofista.
P. 53, il giudizio di Nietzsche sulla poesia di Euripide non è del tutto negativo. Egli riconosce ad Euripide il tentativo di far risorgere il dramma musicale che stava morendo, ma la resurrezione operata da Euripide si basa su un presupposto falso che è la presa di coscienza dell'opera d'arte, la sua struttura conseguentemente razionale, il volere rendere chiaro ciò che non doveva essere rivelato e questo perché si era reso conto che il popolo ateniese non afferrava più il senso dell'azione drammatica. Con ciò egli annulla il pathos e la sostanza musicale e imprevedibilmente irrazionale del dramma e perciò anche la tensione dell'azione sulla scena.
P. 54, in gran parte le informazioni che rielabora Nietzsche sono quelle dell'Apologia di Socrate di Platone. L'indagine presso gli uomini eminenti e gli intellettuali d'Atene in seguito al desiderio di verificare se la sentenza di Apollo fosse vera, se cioè Socrate fosse effettivamente il più saggio degli uomini, porta Socrate a negare ogni tipo di falsa sapienza la quale appunto non sappia rendere ragione di se stessa, essere cosciente di sé. L'influsso di Socrate su Euripide fu deleterio perché portò Euripide a concepire un'opera d'arte, la tragedia nella fattispecie, che fosse cosciente di sé, ossia controllata dalla ragione in ogni aspetto e perciò priva del tutto di elementi irrazionali, puramente emotivi, inconsci.
La concezione che Nietzsche aveva della poesia era sicuramente romantica e la sua sorgente musicale, egli aveva un temperamento affine a quello di Hoelderlin e in breve la sua sensibilità artistica era simbolista. Si capisce facilmente l'avversione a ogni poeta razionale e soprattutto a quello spirito logico e privo di slancio emotivo, del tutto scettico e avo dei cinici, che era Socrate.
P. 55, purtroppo è in Nietzsche una assolutizzazione delle proprie affermazioni che gli impedisce l'obiettività. La considerazione del dialogo platonico come “ mancanza di forma e di stile ottenute attraverso la mistura di tutti i precedenti forme e stili “ salta all'occhio come un abbaglio allucinante e un errore marchiano. Ma come poteva scrivere una cosa del genere ? Addirittura che il dialogo non si prefigga l'imitazione dell'espressione naturale è un'affermazione che lascia di stucco.
Non penso che qui Nietzsche sia sincero, deforma i dati di fatto più evidenti a vantaggio della propria argomentazione e allora più che filosofo è rètore. Come Kierkegaard in Il concetto di ironia in riferimento costante a Socrate anche Nietzsche ritiene che Aristofane sia il teste più attendibile per la rievocazione della vera figura di Socrate, ma sia il danese che il filosofo tedesco trasformano tale figura in un simbolo senza sfaccettature, in una statua di granito che rappresenta tutto il contrario dell'aspirazione romantica all'ideale di una vita eroica e sublime, con ciò Socrate diventa un brutto ceffo cinico e beffardo.
P. 56-57, adesso il pensiero si chiarifica e l'argomentazione diventa più comprensibile ed efficace nell'individuazione dell'elemento corruttore della tragedia : il dialogo. Con questo viene in campo e in progresso di tempo risulta vincitrice la “cattiva” Eris, il desiderio di competizione verbale, il litigio e l'alterco da tribunale che è proprio del mondo dei sofisti. Con ciò il dramma si scinde in due componenti che si escludono a vicenda : l'elemento musicale del coro, propriamente poetico e l'elemento dialettico propriamente sofistico e prosaico, sino a che prevale quest'ultimo. E interessante è il paragone con i drammi di Shakespeare dove pur abbondando dialoghi e monologhi tuttavia su di essi aleggia sempre un'aria di bellezza musicale. E questo si capisce facilmente dal momento che anche nel ragionamento Shakespeare si mostra perfetto autore e attore di teatro, anche il ragionamento non è fine a se stesso ma serve come il vibrare d'una corda a perpetuare la melodia o come uno strumento a partecipare al comune concerto, perché appunto è l'istinto teatrale e l'ispirazione a muoverlo, mentre in Euripide a un certo punto prevale il momento dialettico e logico, lo schema del ragionamento, il puro gusto della disputa.
Nietzsche è un romantico e un simbolista, per lui la tragedia è innanzi tutto poesia cioè creazione, passione, istinto vitale, impulso musicale e irrazionalità, metafora e mistero. Questo lo troviamo in Eschilo e in Shakespeare, ma molto meno in Euripide.
P. 57, dal punto di vista estetico dunque la dialettica distrugge il dramma musicale, perché la fonte di questo è la compassione e la sua essenza è pessimistica, il suo basamento è il caso inspiegabile e ineluttabile, mentre la natura della dialettica è ottimistica e scaturisce dalla logica della causa e dell'effetto e la sua conclusione è la dimostrazione razionale che al caso non lascia nulla. La natura della dialettica dunque è contraria a quella della tragedia.
Ma ecco il punto : le considerazioni di Nietzsche sono in partenza di evidente carattere estetico e questo aspetto gli prende la mano sino a travasarsi nell'area propriamente etica. E' questa confusione a generare l'ostilità nei confronti di Socrate, altrimenti inspiegabile. E il confondere estetica ed etica, come voler fare della vita un'opera d'arte è tipicamente “decadente”. Nietzsche è un letterato “decadente” e non esce da questa prospettiva. E' uomo del suo tempo.
Se la virtù secondo Socrate è sapere, l'eroe virtuoso deve essere un dialettico e naturalmente un araldo della banalità morale e del filisteismo, dal momento che la logica imbriglia ogni carattere nei lacci del suo comune buon senso.
Soltanto Eschilo come Shakespeare “ ha prodotto il suo meglio inconsciamente “ dominato dall'istinto creativo e musicale e per questo la tragedia musicale greca raggiunge l'apice con l'opera di Eschilo per poi iniziare a declinare con Sofocle, che concede già molto alla dialettica, e quindi morire del tutto con Euripide, che fa del dialogo il centro del dramma.












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