F.
W. Nietzsche, Due conferenze pubbliche sulla tragedia greca (
1870 ), Opere 1870-1881, Roma, Newton Compton, 1993
P.
44, ( Prima conferenza : il dramma musicale greco ) la culla del
dramma : esso “ non incomincia là dove qualcuno si traveste per
far nascere in altri un'illusione . No, ma piuttosto là dove l'uomo
è fuori di sé e si crede trasformato e oggetto d'incantesimo. “
Sopra ha affermato che il dramma musicale greco nasce dal sentimento
religioso popolare e la musica era un tutt'uno con la parola. Non
come hanno inteso i musici del Rinascimento che hanno elaborato un
dramma musicale completamente diverso da quello greco, in cui la
musica ha il sopravvento sul testo poetico e non vi è partecipazione
corale del popolo. Le stesse maschere usate sulla scena avevano
un'origine cultuale e popolare per non dire agreste, legate com'erano
alle feste contadine della primavera.
P.
47, “ La tragedia antica, … si può dire ch'essa nei suoi primi
gradi di sviluppo badasse non tanto all'azione, al dràma,
quanto alla passione, al pàthos.
… Che altro era originariamente la tragedia se non una lirica
obiettiva, un canto sgorgato da una situazione propria di certi
esseri mitologici, i quali erano rappresentati nei loro stessi
costumi ? Dapprima un coro ditirambico di uomini travestiti da
Satiri e da Sileni dovette svolgere l'ufficio di spiegare ciò che
l'aveva portato a tale stato di eccitazione : esso indicava qualche
particolare, che fosse immediatamente comprensibile agli ascoltatori,
tratto dalle storie delle lotte e delle passioni di Diòniso. “
P. 50 ( Seconda conferenza : Socrate e la tragedia )
ecco Euripide, colui che ha decretato la condanna a morte della
tragedia, perché l'ha snaturata portando sulla scena l'uomo comune
sostituito all'eroe. Così il suo stesso linguaggio poetico è una
trasposizione sulla scena del linguaggio del popolo come del suo modo
di sentire. Egli è un educatore del popolo, un sofista.
P. 53, il giudizio di Nietzsche sulla poesia di Euripide
non è del tutto negativo. Egli riconosce ad Euripide il tentativo di
far risorgere il dramma musicale che stava morendo, ma la
resurrezione operata da Euripide si basa su un presupposto falso che
è la presa di coscienza dell'opera d'arte, la sua struttura
conseguentemente razionale, il volere rendere chiaro ciò che non
doveva essere rivelato e questo perché si era reso conto che il
popolo ateniese non afferrava più il senso dell'azione drammatica.
Con ciò egli annulla il pathos e la sostanza musicale e
imprevedibilmente irrazionale del dramma e perciò anche la tensione
dell'azione sulla scena.
P. 54, in gran parte le informazioni che rielabora
Nietzsche sono quelle dell'Apologia di Socrate di Platone.
L'indagine presso gli uomini eminenti e gli intellettuali d'Atene in
seguito al desiderio di verificare se la sentenza di Apollo fosse
vera, se cioè Socrate fosse effettivamente il più saggio degli
uomini, porta Socrate a negare ogni tipo di falsa sapienza la quale
appunto non sappia rendere ragione di se stessa, essere cosciente di
sé. L'influsso di Socrate su Euripide fu deleterio perché portò
Euripide a concepire un'opera d'arte, la tragedia nella fattispecie,
che fosse cosciente di sé, ossia controllata dalla ragione in ogni
aspetto e perciò priva del tutto di elementi irrazionali, puramente
emotivi, inconsci.
La concezione che Nietzsche aveva della poesia era
sicuramente romantica e la sua sorgente musicale, egli aveva un
temperamento affine a quello di Hoelderlin e in breve la sua
sensibilità artistica era simbolista. Si capisce facilmente
l'avversione a ogni poeta razionale e soprattutto a quello spirito
logico e privo di slancio emotivo, del tutto scettico e avo dei
cinici, che era Socrate.
P. 55, purtroppo è in Nietzsche una assolutizzazione
delle proprie affermazioni che gli impedisce l'obiettività. La
considerazione del dialogo platonico come “ mancanza di forma e di
stile ottenute attraverso la mistura di tutti i precedenti forme e
stili “ salta all'occhio come un abbaglio allucinante e un errore
marchiano. Ma come poteva scrivere una cosa del genere ? Addirittura
che il dialogo non si prefigga l'imitazione dell'espressione naturale
è un'affermazione che lascia di stucco.
Non penso che qui Nietzsche sia sincero, deforma i dati
di fatto più evidenti a vantaggio della propria argomentazione e
allora più che filosofo è rètore. Come Kierkegaard in Il
concetto di ironia in riferimento costante a Socrate anche
Nietzsche ritiene che Aristofane sia il teste più attendibile per la
rievocazione della vera figura di Socrate, ma sia il danese che il
filosofo tedesco trasformano tale figura in un simbolo senza
sfaccettature, in una statua di granito che rappresenta tutto il
contrario dell'aspirazione romantica all'ideale di una vita eroica e
sublime, con ciò Socrate diventa un brutto ceffo cinico e beffardo.
P. 56-57, adesso il pensiero si chiarifica e
l'argomentazione diventa più comprensibile ed efficace
nell'individuazione dell'elemento corruttore della tragedia : il
dialogo. Con questo viene in campo e in progresso di tempo risulta
vincitrice la “cattiva” Eris, il desiderio di competizione
verbale, il litigio e l'alterco da tribunale che è proprio del mondo
dei sofisti. Con ciò il dramma si scinde in due componenti che si
escludono a vicenda : l'elemento musicale del coro, propriamente
poetico e l'elemento dialettico propriamente sofistico e prosaico,
sino a che prevale quest'ultimo. E interessante è il paragone con i
drammi di Shakespeare dove pur abbondando dialoghi e monologhi
tuttavia su di essi aleggia sempre un'aria di bellezza musicale. E
questo si capisce facilmente dal momento che anche nel ragionamento
Shakespeare si mostra perfetto autore e attore di teatro, anche il
ragionamento non è fine a se stesso ma serve come il vibrare d'una
corda a perpetuare la melodia o come uno strumento a partecipare al
comune concerto, perché appunto è l'istinto teatrale e
l'ispirazione a muoverlo, mentre in Euripide a un certo punto prevale
il momento dialettico e logico, lo schema del ragionamento, il puro
gusto della disputa.
Nietzsche è un romantico e un simbolista, per lui la
tragedia è innanzi tutto poesia cioè creazione, passione, istinto
vitale, impulso musicale e irrazionalità, metafora e mistero. Questo
lo troviamo in Eschilo e in Shakespeare, ma molto meno in Euripide.
P. 57, dal punto di vista estetico dunque la dialettica
distrugge il dramma musicale, perché la fonte di questo è la
compassione e la sua essenza è pessimistica, il suo basamento è il
caso inspiegabile e ineluttabile, mentre la natura della dialettica è
ottimistica e scaturisce dalla logica della causa e dell'effetto e la
sua conclusione è la dimostrazione razionale che al caso non lascia
nulla. La natura della dialettica dunque è contraria a quella della
tragedia.
Ma ecco il punto : le considerazioni di Nietzsche sono
in partenza di evidente carattere estetico e questo aspetto gli
prende la mano sino a travasarsi nell'area propriamente etica. E'
questa confusione a generare l'ostilità nei confronti di Socrate,
altrimenti inspiegabile. E il confondere estetica ed etica, come
voler fare della vita un'opera d'arte è tipicamente “decadente”.
Nietzsche è un letterato “decadente” e non esce da questa
prospettiva. E' uomo del suo tempo.
Se la virtù secondo Socrate è sapere, l'eroe virtuoso
deve essere un dialettico e naturalmente un araldo della banalità
morale e del filisteismo, dal momento che la logica imbriglia ogni
carattere nei lacci del suo comune buon senso.
Soltanto Eschilo come Shakespeare “ ha prodotto il
suo meglio inconsciamente “ dominato dall'istinto creativo e
musicale e per questo la tragedia musicale greca raggiunge l'apice
con l'opera di Eschilo per poi iniziare a declinare con Sofocle, che
concede già molto alla dialettica, e quindi morire del tutto con
Euripide, che fa del dialogo il centro del dramma.
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