Ma
qual era mai il mistero di quella casa dove da studente di lettere
aveva letto per la prima volta I
paradisi artificiali
di Baudelaire ? Il mistero del ricordo dell'antica casa immersa tra
gli alberi, la vecchia casa ancora ottocentesca di sua nonna,
l'antica casa ricca d'ombra nell'estate, sollievo di frescura nei
caldi pomeriggi, mentre fuori strepitavano i grilli e saliva un
polverone dalla strada ? Le colline intorno cingevano il paesaggio,
chiudevano ogni orizzonte, lasciando solo libera l'immaginazione.
E
l'immaginazione ebbe la sua piena fioritura laggiù, sul lago di
Como, alla Villa Carlotta presso Griante, dove aveva accompagnato in
gita scolastica due classi. Ma allora, alla Villa, si era chiuso
nella sua solitudine e aveva dato libero sfogo all'immaginazione e
aveva scorto in qualche viso femminile le movenze e il fascino d'un
ritratto di Dante Gabriele Rossetti. Visi come nobili fiori che si
piegano sulle onde del lago, che respirano un'aria di pace immota,
eterna, nella luce riflessa dalla cima delle montagne innevate.
La
pace dei sensi e una nostalgia di vita sognata lo colse nell'estasi
momentanea tra le ombre dei grandi alberi esotici, statici come
indolenti giganti. E il candore delle statue del Canova e dei suoi
discepoli lo pervadeva d'una aspirazione mistica verso astratte forme
di pura bellezza, come note limpide o danzanti di Haydn.
Quella
era la creazione forse della calma acqua del lago, una dimora sognata
da una mente principesca colpita dal fascino delle Ondine.
E
il vasto parco avrebbe potuto inghiottirlo per sempre, come
un'edulcorata Amazzonia, dove il sogno sarebbe per un istante
divenuto realtà. Ma non c'era una sposa, solo un vago volto di donna
frutto di reminiscenza e ancora di sogni.
Era
come su un altro lago la villa fatata di Marina di Malombra, anche
quella cinta di vaste piante aliene, nell'eco notturna del pianoforte
suonato dalla giovane donna invasa da uno spirito estraneo, nel
sogno, nella rimembranza, nel timido accordo dell'acqua.
Nell'acqua
della fontana all'ingresso si riflettevano le fanciulle, curiose dei
grossi pesci rossi, pigri dèmoni dello stagno, avvezzi alle visite
profane.
L'alta
villa procombeva nella sua maestà e la scalinata si disegnava come
un abbraccio intorno al ninfeo. Salivano le fanciulle verso il sancta
sanctorum,
nell'atrio custodito dal busto dell'antico padrone di casa.
Carlotta
è un nome puro e semplice, originato dalla grande C del cancello
d'ingresso, e che è l'iniziale del cognome del primo proprietario
della villa. Ma Carlotta è anche un viso di fanciulla rimasto da
allora, sedimentato a lungo nella memoria, anche prima di allora.
Un'eterea bellezza di inglesina, dalle movenze aggraziate, dalle mani
avvezze al disegno e il corpo alla danza, che vi accompagna per
quelle stanze da “Amore e Psiche” lucente di marmo sino a
“Palamede” e si ferma con voi innanzi al dipinto di “Atala
morente”. Era bella davvero con i suoi capelli neri e gli occhi
grandi e grigi come l'acqua del lago al tramonto.
Non
è la luce aspra e forte della Liguria, ma un'aura serena e dolce che
su tutto si posa con la grazia d'una giovane Natura primaverile.
Si
sarebbe fermato per ore in contemplazione delle immote acque e in
alto delle silenti vette lucenti di neve. Una calma profonda l'aveva
invaso, come l'apparizione di un'isola felice in mezzo ai torbidi
marosi o alle bonacce allucinanti. Non il fastidioso gracchio dei
gabbiani ma il maestoso e lento solco del cigno sulle placide onde si
fondeva nella sua memoria col richiamo di altre onde, di musiche
echeggianti sulle rive di fiumi lontani come all'arrivo della barca
di Lohengrin.
Ma
non era un sogno matrimoniale, era un sognare di gioiosi volti di
ninfe correnti tra le innumerevoli diramazioni arboree come farfalle,
giovani bocci di fiori inebrianti.
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