sabato 6 aprile 2019

Emilio Cecchi, Pesci rossi


Emilio Cecchi, Saggi e viaggi, Milano, Mondadori, 1997


Pesci rossi ( 1918 )


Prosa raffinata, colta, servì sicuramente da modello alla prosa di Montale. Però l'umorismo non è quello di Montale, che ha del grottesco e dell'assurdo. Tutto sommato, trovo questa prosa meno attraente, anche se non meno interessante. E' una prosa quasi barocca, elaboratissima sino al cerebrale, che talvolta infastidisce. Non le si può negare però profondità e spirito, cosa che generalmente manca ai suoi imitatori, che sono molti e di solito inconsapevoli di esserlo. Perché anche oggi molti blogger e molti autori cartacei scrivono in questa maniera elaborata, arabescata, tanto da essere labirintica. Con la conseguenza che il lettore è spesso preso dal capogiro.
P. 21, in “ Le bestie sacre “ si nota un atteggiamento umoristico simile a quello di Montale, segno che si tratta di una caratteristica del genere dell'Elzeviro, che deve essere evidentemente spiritoso e con l'apparenza della leggerezza colpire a fondo l'immaginazione.
Prima ho scritto che rispetto a quella di Montale trovo l'inventiva e la narrazione di Cecchi meno attraente. In realtà avanzando nella lettura devo precisare che si tratta di qualcosa di diverso. In Montale prevale l'elemento drammatico, mentre in Cecchi quello impressionistico e meditativo, sicché il paragone non può farsi, essendo tipi di prosa essenzialmente diversi, anche se accomunati da preziosismo verbale e umorismo. Non che in Montale manchi l'elemento meditativo e in genere le considerazioni di carattere morale o psicologico, ma sono accessorie, mentre in Cecchi sono fondamentali.
P. 42. In “ Una comunicazione accademica “ viene fatta la satira del Futurismo, presentato come una stramberia barbarica, dall'origine e finalità incomprensibili, dell'Epoca dei Grandi Affari, cioè dell'inizio della decadenza nella società di massa.
P. 94, però talvolta questo elemento impressionistico e prezioso è fine a se stesso e diventa ingombrante, come in “ La commedia come danza “. Il risultato è l'incomprensibilità del testo a meno che non se ne faccia una sorta d'esegesi da testo hegeliano. Il che contraddice a qualsiasi buona prosa giornalistica che deve innanzi tutto essere facilmente leggibile.
P. 100, “ George Robey “ brilla per vivace umorismo e così ( p. 109 ) “ La lettera di presentazione “ con cui termina la raccolta di articoli. Si tratta non semplicemente di reportage giornalistici ma di vera e propria narrativa alla Laurence Sterne, senza dubbio condensata nello spazio di poche pagine ma sostenuta dallo stesso spirito.
Insomma, mi sembra che, pur nell'eleganza del dettato e nell'abbondanza dell'inventiva, Cecchi sia piuttosto diseguale, probabilmente perché mira un po' troppo al preziosismo verbale o all'espressione originale, e tuttavia nel complesso riesce piacevole.

Nessun commento:

Posta un commento