Fabio
Barricalla, I zin (ricci di mare), Sanremo, Lo Studiolo, 2019
Terra
incognita (prime note)
“Preludi”
I, p. 13. Nota metrica : il primo verso quinario unito al secondo
senario risulta ovviamente un endecasillabo, il terzo è un
endecasillabo e il quarto un quinario. Vediamo la lirica :
C'è
poco tempo
Non
ci basterà mai -
Il
mare ci trascinerà con sé
Ci
porterà via
Manca
la punteggiatura, sostituita da un trattino al secondo verso, secondo
un uso già dei Futuristi (cari all'autore).
II,
p. 14, si riferisce alla crocifissione di Cristo nel Venerdi santo e
al fatto che nel 2019 il poeta aveva la stessa età di Cristo, come a
dire che hanno crocifisso un povero Cristo che poteva anche per puro
caso essere l'autore stesso.
III,
p. 15, fa riferimento alla ottusità morale introdotta dalla società
dei consumi, non avere “il cesso in casa” non significa soltanto
condurre una vita più spartana, ma anche lontano da quella crassa
fisicità che ci assale ora anche durante il desinare, quando si
ammira inebetiti alla televisione la pubblicità della carta
igienica.
P.
16 :
Comunque
vada
In
paradiso c'è Campana
Viene
da chiedersi : se l'autore si compiace che in paradiso ci sia Campana
(Dino Campana, cui ha dedicato buona parte dei suoi studi filologici)
è perché è certo di trovarlo in paradiso ? E se per caso andasse
all'inferno, che gli importerebbe di Campana in paradiso ?
P.
19 :
Sono
un poeta
Non
ho emozioni da sprecare
Un
vero ligure ! Ma a parte gli scherzi, l'epigramma (usiamo questo
termine autorizzati dal poeta) vuole alludere al difficile lavoro
dello scrittore che deve cogliere nel fondo del suo animo e del
subconscio le perle rare del verbo evocatore, che non possono certo
essere dilapidate. Inoltre è un chiaro ripudio dell'effusione lirica
e sentimentale.
A
p. 20 ecco una istantanea che cattura l'attimo in tutte le
sfaccettature del suo mistero. Chi è il vecchio Poldo ? Saperlo
non ha nessuna importanza.
P.
21, ecco l'ambiguità dell'epigramma :
La
parola amore
Non
si usura mai
Qui
può significare che l'amore è eterno, ma anche che si abusa della
parola, contando sul fatto che se pure inflazionata il suo potere
d'acquisto non cessa mai.
P.
22, l'epigramma allude alla vita umana e alla vanità di essa, o
almeno credo, perché la caratteristica dell'epigramma dell'autore è
di essere come un Giano bifronte o una testa di Medusa, non se ne
coglie mai un solo significato e spesso si rimane impietriti o meglio
impietrati.
P.
23, “Cartiglia – Per mio nonno Renzo”, prosa poetica molto
intensa, sul cui contenuto non mi soffermo, perché il lettore vedrà
da sé. C'è però un elemento da considerare cioè il sogno.
L'autore sogna suo nonno che si scarnifica una mano con un coltello
ed è la dimensione onirica insieme alla memoria a costituire il
grande contenitore cui la poesia attinge.
P.
29, il piccolo gabbiano schiacciato da un'automobile dà luogo a una
riflessione sadiana sulla Natura indifferente, “mors tua, vita
mea”.
P.
30, è ripreso il tema della brutalità della morte con la climax
“Cadaveri carcasse – Fiori recisi”.
Ma
a p. 31 debbo ricorrere all'esclamazione del Bruno ne La
cena de le ceneri :
In
questo bivio, in questo dubbio passo,
che
debbo far, che debbo dir, ahi, lasso ?
E
l'enigma è il seguente :
Il
filmato del ponte
Che
brilla all'orizzonte
Non
lo si può guardare
L'immaginazione
è corsa subito al ponte ed ecco che magicamente trovo in Rimbaud
(Illuminations) :
Les
ponts
Des
ciels gris de cristal. Un bizarre dessin de ponts, ceux-ci droits,
ceux-là bombés, d'autres descendant ou obliquant en angles sur les
premiers, et ces figures se renouvelant dans les autres circuits
éclairés du canal, mais tous tellement longs et légers que les
rives, chargées de dômes, s'abaissent et s'amoindrissent.
Quelques-uns de ces ponts sont encore chargés de masures. D'autres
soutiennent des mâts, des signaux, de frêles parapets. Des accords
mineurs se croisent et filent, des cordes montent des berges. On
distingue une veste rouge, peut-être d'autres costumes et des
instruments de musique. Sont-ce des airs populaires, des bouts de
concerts seigneuriaux, des restants d'hymnes publics ? L'eau est
grise et bleue, large comme un bras de mer. - Un rayon blanc, tombant
du haut du ciel, anéantit cette comédie.
Soffermiamoci
sulla parola “ponte”. Probabilmente (ma in Rimbaud si parla di
ogni genere di ponti) si tratta del ponte di una nave, perché
altrimenti non brillerebbe all'orizzonte (del mare). E perché
“filmato” ? Perché, credo, l'apparizione di una nave
all'orizzonte viene metaforicamente intesa come la visione d'una
pellicola cinematografica. Sembra poi che l'autore rammenti il finale
della poesia di Rimbaud, poiché la nave scompare in una sorta di
accecamento.
P.
32, l'espressione “C'era nero di gente” rivela il rifiuto di un
linguaggio meramente letterario e l'uso invece di un linguaggio
colloquiale, a volte gergale e dialettale. Si tratta di una scelta
perfettamente coerente con il rifiuto del lirismo della tradizione,
ma non si tratta di una novità, perché è frutto dell'insegnamento
di quasi tutti i poeti del Novecento dopo D'Annunzio.
P.
33, il tema della solitudine è presente in questo epigramma come
negli altri a p. 48 e p. 60, ma direi un po' in tutte le poesie
seguenti. La solitudine, l'angoscia, l'ansia sono stati d'animo
ampiamente sperimentati e condivisi nella nostra epoca di individui
Che
agiscono che sbagliano automatica -
mente
-
di
automi in carne e ossa, ma privi di interiorità autentica. Soltanto
la poesia e l'arte in genere possono aiutarci a recuperare, a
ritrovare il nostro vero io.
P.
36, ecco un componimento un po' più corposo, in quattro quartine e
due versi finali, tutti “liberi”, come si dice. In particolare
trovo veramente stupendi questi :
Scherzo
divino pare
La
finitezza
La
fine delle cose e le persone -
E
l'infinito amore -
L'ultimo
verso mi fa pensare a Saba, ma, a parte questa impressione da
dilettante, direi che la quartina è di una profondità filosofica e
degna del frammento eracliteo (1):
Il
tempo è un bimbo che gioca, con le tessere di una scacchiera : di un
bimbo è il regno.
I
tre “epigrammi” da p. 37 a p. 39 sono variazioni sul tema
crepuscolare della “Desolazione del povero poeta sentimentale” di
Corazzini :
Io
non sono un poeta.
Io
non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Intendo
dire che il poeta guarda alla propria piccola esistenza di uomo
comune senza sorpresa, senza infingimenti, senza travestimenti, con
modestia :
C'è
barricalla
Gridano
in spiaggia
Gli
ex allievi – è la fama
A
p. 40 l'epigramma, a detta dell'autore, dovrebbe dare luogo a
un'interpretazione complessa, ma apparentemente si risolve in un
attacco di dipsomania estiva.
La
possibilità di molteplici interpretazioni, e quindi della polisemia
è offerto dal “frammento” di p. 41. Talvolta il nostro autore
ama nascondersi come un Eraclito.
Come
un presocratico infatti a p. 42 egli si pone a guardare un gabbiano
che tenta di catturare un pesce e medita sullo stesso atteggiamento
di colui che vanamente cerca di “agguantare” la vita.
A
p. 43 ritorna il misterioso Poldo colto
All'erta
al pianoterra
con
il solito flash.
Da
p. 44 a p. 48 sembra svolgersi dinanzi alla nostra fantasia una breve
storia d'amore, forse suggerita dalla ragazza triste che, tornando
dalla spiaggia, si volge a contemplare l'orizzonte, ma, ripeto,
questa è solo un'interpretazione.
Da
p. 49 a p. 51 è ripreso il tema presente a p. 35, cioè quello di
una vita non meditata e perciò non degna di essere vissuta :
Ai
vermi resterà
Ben
poco
A
p. 52 una professione di fede da poeta maledetto, del resto ho già
accennato alla sua predilezione per Dino Campana.
P.
53, l'epigramma ricorda Catullo (altro poeta prediletto).
P.
54-55, le due liriche sono accomunate dal motivo della sepoltura, da
una parte il passato che desta malinconia, dall'altra i brutti
ricordi che si vogliono dimenticare.
A
p. 58 la breve lirica fa pensare a “Meriggiare pallido e assorto”
di Montale.
Da
p. 59 a p. 61 ritorna il tema della solitudine, della
incomunicabilità, con la constatazione :
Riflettendoci
su -
Se
si muore una volta
Poi
non si muore più
P.
62, l'epigramma si risolve in un'assonanza e un ossimoro. Si continua
la meditazione sulla morte.
Segue
a p. 68 il “poema fotografico” Mangiatori di zin, che
denota la preferenza “futurista” per la comunicazione non verbale
oltre che eccentrica.
Pone
fine alla raccolta l'epigramma malinconico sull'estinzione del
fischio della locomotiva.
(1)
Eraclito, I frammenti e le testimonianze,
Milano, Mondadori, 1993, frammento n. 48, trad. di Carlo Diano (αἰὼν
παῖς ἐστι παίζων, πεσσεύων· παιδὸς
ἡ βασιληίη).