La città morta,
tragedia, 1898.
Lo
scandaglio dell'autore s'immerge nelle profondità dell'animo umano,
agitato da passioni torbide e funeste come nell'antica tragedia
greca.
Vedi
l'Atto III, scena I ( il suicidio della madre di Anna, la moglie
cieca di Alessandro ) :
ATTO
TERZO.
La
medesima stanza ove si svolse l'atto primo. La grande loggia è
aperta:
in alto, pel vano, tra le due colonne, appare il cielo notturno,
palpitante
di stelle. Un candeliere arde su la tavola ingombra. Il silenzio
è
profondo.
SCENA
PRIMA.
ANNA
è seduta presso i gradini; e i soffii della notte passano sul suo
viso
bianco, levato verso le stelle per lei non visibili. Mentre parla,
nella
sua voce è un'animazione singolare, indefinibile, simile alla
volubilità
di una leggera ebrezza. La NUTRICE è inginocchiata dinnanzi a
lei,
triste e sommessa.
ANNA,
tendendo le mani verso la notte.
Viene
qualche soffio, di tratto in tratto.... Si leva un poco di
vento;
è vero, nutrice? Non senti l'odore dei mirti?
LA
NUTRICE.
Si
leva il vento di terra.
ANNA.
La
terra respira. Dianzi, quando sono discesa alla fonte con
Bianca
Maria, non si sentiva un alito: nulla! Era la calma perfetta,
senza
mutamento. Non dicevamo una parola, per non turbarla.
Soltanto
la fonte piangeva e rideva.... Sei mai stata attenta alla
voce
di quella fonte, nutrice?
LA
NUTRICE.
L'acqua
dice sempre la stessa cosa.
ANNA.
Non
è vero, non è vero. Dianzi, non dicevamo una parola, io e
Bianca
Maria; e l'acqua diceva un'infinità di cose che entravano
in
me come una persuasione.... come una persuasione.... M'ha
persuasa
a fare quel che è necessario, nutrice: essa, la buona
acqua
pura che viene dal profondo, dal profondo....
LA
NUTRICE, inquieta.
Che
vuoi fare? Che vuoi fare?
ANNA.
Voglio
andarmene, andarmene lontano....
LA
NUTRICE.
Vuoi
andartene! Dove?
ANNA,
con modi rotti e volubili.
Tu
saprai, tu saprai.... Non t'agitare; sii tranquilla, povera
nutrice.
Io andrò per quella strada, senza che tu mi conduca. Non
avrò
più bisogno di appoggiarmi a te, povera nutrice. Nei miei
occhi
si farà la luce.... Che dicevi tu dei miei occhi, l'altro giorno?
“Perché
il Signore te li avrebbe lasciati così belli se non volesse
illuminarteli
un'altra volta?" Vedi, nutrice? Mi ricordo delle tue
parole,
e ora so che i miei occhi sono belli.
LA
NUTRICE.
Come
parli, stasera! C'è qualche cosa, c'è qualche cosa in
fondo
al tuo parlare.... Ma io sono una povera vecchia.
Anna,
presa da una commozione
subitanea,
ponendo le mani su le
spalle
della nutrice.
Tu
sei la mia povera e cara vecchia; tu sei la mia prima e la
mia
ultima tenerezza, nutrice. Ho sentito sempre qualche goccia
del
tuo latte nel sangue del mio cuore, nutrice. Ah, il tuo petto s'è
disseccato,
ma la tua bontà s'è fatta ogni giorno più grande. Tu mi
conducevi
per la mano quando i miei piccoli piedi non sapevano
ancora
dare il passo, e ora con la stessa pazienza fedele tu mi
conduci
nell'orribile oscurità. Tu sei santa, nutrice. Io ho un
paradiso
per te, nella mia anima....
LA
NUTRICE.
Ora
tu vuoi farmi piangere....
ANNA,
gettandole le braccia al collo.
Ah
perdonami, perdonami! Io debbo farti piangere.
LA
NUTRICE, sbigottita, sciogliendosi dall'abbraccio, guardandola nel
volto.
Perché,
perché parli cosi? Perché mi stringi cosi?
ANNA,
cercando di dissipare l'inquietudine.
Oh,
no, no.... per nulla, per nulla.... Dicevo cosi perché ormai io
non
posso darti nessuna gioia, povera nutrice, nessuna gioia....
LA
NUTRICE.
Tu
non mi nascondi nulla; è vero? Tu non sapresti ingannare la
tua
poveretta, è vero?, tu non sapresti ingannarla....
ANNA.
No,
no. Perdonami. Io non so quel che dico, stasera; non so
quel
che provo.... E' una strana volubilità. Dianzi mi sentivo tutta
leggera
come se fossi per sollevarmi; mi sentivo quasi allegra:
parlavo,
parlavo.... E poi m'è tornata a un tratto la tristezza, e t'ho
fatto
pena.... E ora mi sento meglio, mi sento quasi bene, perché
t'ho
abbracciata, nutrice. E vorrei che tu mi tenessi su le tue
ginocchia,
che tu mi raccontassi le piccole cose lontane che hai
nella
memoria, di me, di me quando viveva mia madre.... Ti
ricordi?
Ti ricordi?
Una
pausa.
Ah,
perché non ho avuto un figlio: il figlio ch'egli voleva:
perché?
Io sarei salva, sarei salva! Nessuna madre ha mai amata
la
creatura del suo sangue come io avrei amata la mia creatura.
Tutto
il resto mi sarebbe parso un nulla. Continuamente,
continuamente
io avrei trasfuso la più dolce parte della mia vita
nella
sua vita. Continuamente io avrei spiata la sua piccola anima
divina
per riconoscere in ogni attimo la somiglianza, la
somiglianza
unica; e la sua tenerezza mi sarebbe stata più cara
della
luce.... Ma lo stesso Giudice mi ha fatta cieca e sterile: per
ammenda
di quale colpa, nutrice? Dimmi tu! Qualche gran fallo è
stato
commesso....
Una
pausa. La nutrice ha gli
occhi
pieni di pianto.
Come
mi ha lasciata presto, mia madre! Ella aveva me, aveva
me;
e m'adorava; e pure non era felice.... Tu lo sai, è vero?, tu lo
sai
bene. Tu sai perché ella è morta. Tu non hai voluto mai dirmi,
nutrice,
perché ella sia morta.... e come sia morta.
LA
NUTRICE, turbata, esitante.
Fu
una febbre, una gran febbre improvvisa che la portò via in
una
notte. Non lo sapevi?
ANNA.
Ah
no, no, non fu la febbre. Perché non hai mai voluto dirmi la
verità?
LA
NUTRICE.
Non
è quella la verità?
ANNA.
Non
è quella, non è quella. La sera, mia madre era rimasta al
mio
capezzale; e io, mentre m'addormentavo, sentivo i suoi baci
su
la mia faccia e qualche cosa di tiepido come il pianto.... Ah era
così
forte il sonno, che vinse la pena confusa del mio piccolo
cuore;
e mi parve, nell'ultimo barlume della conoscenza, ch'ella
mi
facesse piovere su la faccia, sul collo, su le mani le foglie di
rosa
che avevo sfogliate il giorno nella vasca del giardino. Questa
fu
l'ultima visione ch'io ebbi di mia madre.... Più tardi tu venisti a
risvegliarmi
e mi domandasti se io l'avessi veduta e quando e
come
ella m'avesse lasciata; ed eri tutta ansante. E pure io mi
riaddormentai,
udendo uno scalpiccio che veniva su dal giardino,
come
di gente alla ricerca. E la mattina, poco dopo l'alba, tu
venisti
di nuovo a risvegliarmi e, mi chiudesti in un panno e mi
portasti
su le braccia che ti vacillavano; mi portasti nell'altra casa
dove
tu parlavi sotto voce, dove tutti parlavano sotto voce ed
erano
pallidi.... E mai più la vidi.... E poi, quando tornammo nel
nostro
giardino, tu sempre m'allontanavi dalla vasca; e quando tu
eri
là, le tue labbra si movevano sempre come se pregassero....
Una
pausa.
Dimmi
la verità! Dimmi la verità! Perché volle morire?
LA
NUTRICE, sconvolta.
No,
no.... Tu t'inganni, tu t'inganni....
ANNA.
Non
lo saprò mai?
LA
NUTRICE.
Tu
t'inganni.... Ah sempre così tu cerchi di rinnovarmi il
dolore!
ANNA,
accarezzandola.
Perdonami,
perdonami. Ecco che ti ho data un'altra pena!
Una
pausa.
Senti
l'odore dei mirti? Senti com'è forte?
Ella
si alza e, rivolta verso la
loggia
aperta, aspira il profumo,
tende
le mani.
S'è
levato il vento: pare che tintinni fra le mie dita come un
cristallo.
E' aperta, la, la porta delle mie stanze?
LA
NUTRICE.
E'
aperta.
ANNA.
Tutte
le finestre sono aperte?
LA
NUTRICE.
Tutte.
ANNA.
Il
vento passa come un fiume profumato. Dove sarà Bianca
Maria?
LA
NUTRICE.
Forse
nelle sue stanze. Vuoi che la chiami?
ANNA.
No,
no.... Lasciala riposare, povera creatura! Alla fonte,
l'odore
dei mirti era cosi acuto ch'ella stava per venir meno. La
sentivo
vacillare, mentre risalivamo. Più d'una volta io l'ho
sorretta....
Vedi come sono sicura, nutrice! Io conducevo lei, non
ella
me. Credo che io saprei discendere sola e risalire sola....
LA
NUTRICE.
Ma
perché tu parli tanto di quella fonte?
ANNA.
Tutti
siamo attirati verso di lei come verso una sorgente di
vita.
Non è ella forse la sola cosa viva in questo luogo, dove tutto
è
morto e bruciato? Ella sola estingue la nostra sete; e tutta la sete
che
è in noi si tende avidamente verso la sua freschezza. S'ella
non
fosse, nessuno potrebbe vivere qui; tutti moriremmo d'arsura.
Magistrale
è l'equivoco ( Atto IV, scena II ) tra Anna e Alessandro e il
crescendo dell'orribile rivelazione. Leonardo, fratello di Bianca
Maria, nella solitudine della loro esistenza matura una passione
proibita e fatale che lo condurrà quasi alla follia e lo porterà ad
uccidere la sorella per liberarsi dall'ossessione, annegandola nella
fonte Perseia, che scorre accanto alle mura dell'antica rocca di
Micene.