martedì 8 dicembre 2015

Gabriele D'Annunzio, La città morta.







La città morta, tragedia, 1898.


Lo scandaglio dell'autore s'immerge nelle profondità dell'animo umano, agitato da passioni torbide e funeste come nell'antica tragedia greca.
Vedi l'Atto III, scena I ( il suicidio della madre di Anna, la moglie cieca di Alessandro ) :

ATTO TERZO.
La medesima stanza ove si svolse l'atto primo. La grande loggia è
aperta: in alto, pel vano, tra le due colonne, appare il cielo notturno,
palpitante di stelle. Un candeliere arde su la tavola ingombra. Il silenzio
è profondo.
SCENA PRIMA.
ANNA è seduta presso i gradini; e i soffii della notte passano sul suo
viso bianco, levato verso le stelle per lei non visibili. Mentre parla,
nella sua voce è un'animazione singolare, indefinibile, simile alla
volubilità di una leggera ebrezza. La NUTRICE è inginocchiata dinnanzi a
lei, triste e sommessa.
ANNA, tendendo le mani verso la notte.
Viene qualche soffio, di tratto in tratto.... Si leva un poco di
vento; è vero, nutrice? Non senti l'odore dei mirti?
LA NUTRICE.
Si leva il vento di terra.
ANNA.
La terra respira. Dianzi, quando sono discesa alla fonte con
Bianca Maria, non si sentiva un alito: nulla! Era la calma perfetta,
senza mutamento. Non dicevamo una parola, per non turbarla.
Soltanto la fonte piangeva e rideva.... Sei mai stata attenta alla
voce di quella fonte, nutrice?
LA NUTRICE.
L'acqua dice sempre la stessa cosa.
ANNA.
Non è vero, non è vero. Dianzi, non dicevamo una parola, io e
Bianca Maria; e l'acqua diceva un'infinità di cose che entravano
in me come una persuasione.... come una persuasione.... M'ha
persuasa a fare quel che è necessario, nutrice: essa, la buona
acqua pura che viene dal profondo, dal profondo....
LA NUTRICE, inquieta.
Che vuoi fare? Che vuoi fare?
ANNA.
Voglio andarmene, andarmene lontano....
LA NUTRICE.
Vuoi andartene! Dove?
ANNA, con modi rotti e volubili.
Tu saprai, tu saprai.... Non t'agitare; sii tranquilla, povera
nutrice. Io andrò per quella strada, senza che tu mi conduca. Non
avrò più bisogno di appoggiarmi a te, povera nutrice. Nei miei
occhi si farà la luce.... Che dicevi tu dei miei occhi, l'altro giorno?
“Perché il Signore te li avrebbe lasciati così belli se non volesse
illuminarteli un'altra volta?" Vedi, nutrice? Mi ricordo delle tue
parole, e ora so che i miei occhi sono belli.
LA NUTRICE.
Come parli, stasera! C'è qualche cosa, c'è qualche cosa in
fondo al tuo parlare.... Ma io sono una povera vecchia.
Anna, presa da una commozione
subitanea, ponendo le mani su le
spalle della nutrice.
Tu sei la mia povera e cara vecchia; tu sei la mia prima e la
mia ultima tenerezza, nutrice. Ho sentito sempre qualche goccia
del tuo latte nel sangue del mio cuore, nutrice. Ah, il tuo petto s'è
disseccato, ma la tua bontà s'è fatta ogni giorno più grande. Tu mi
conducevi per la mano quando i miei piccoli piedi non sapevano
ancora dare il passo, e ora con la stessa pazienza fedele tu mi
conduci nell'orribile oscurità. Tu sei santa, nutrice. Io ho un
paradiso per te, nella mia anima....
LA NUTRICE.
Ora tu vuoi farmi piangere....
ANNA, gettandole le braccia al collo.
Ah perdonami, perdonami! Io debbo farti piangere.
LA NUTRICE, sbigottita, sciogliendosi dall'abbraccio, guardandola nel
volto.
Perché, perché parli cosi? Perché mi stringi cosi?
ANNA, cercando di dissipare l'inquietudine.
Oh, no, no.... per nulla, per nulla.... Dicevo cosi perché ormai io
non posso darti nessuna gioia, povera nutrice, nessuna gioia....
LA NUTRICE.
Tu non mi nascondi nulla; è vero? Tu non sapresti ingannare la
tua poveretta, è vero?, tu non sapresti ingannarla....
ANNA.
No, no. Perdonami. Io non so quel che dico, stasera; non so
quel che provo.... E' una strana volubilità. Dianzi mi sentivo tutta
leggera come se fossi per sollevarmi; mi sentivo quasi allegra:
parlavo, parlavo.... E poi m'è tornata a un tratto la tristezza, e t'ho
fatto pena.... E ora mi sento meglio, mi sento quasi bene, perché
t'ho abbracciata, nutrice. E vorrei che tu mi tenessi su le tue
ginocchia, che tu mi raccontassi le piccole cose lontane che hai
nella memoria, di me, di me quando viveva mia madre.... Ti
ricordi? Ti ricordi?
Una pausa.
Ah, perché non ho avuto un figlio: il figlio ch'egli voleva:
perché? Io sarei salva, sarei salva! Nessuna madre ha mai amata
la creatura del suo sangue come io avrei amata la mia creatura.
Tutto il resto mi sarebbe parso un nulla. Continuamente,
continuamente io avrei trasfuso la più dolce parte della mia vita
nella sua vita. Continuamente io avrei spiata la sua piccola anima
divina per riconoscere in ogni attimo la somiglianza, la
somiglianza unica; e la sua tenerezza mi sarebbe stata più cara
della luce.... Ma lo stesso Giudice mi ha fatta cieca e sterile: per
ammenda di quale colpa, nutrice? Dimmi tu! Qualche gran fallo è
stato commesso....
Una pausa. La nutrice ha gli
occhi pieni di pianto.
Come mi ha lasciata presto, mia madre! Ella aveva me, aveva
me; e m'adorava; e pure non era felice.... Tu lo sai, è vero?, tu lo
sai bene. Tu sai perché ella è morta. Tu non hai voluto mai dirmi,
nutrice, perché ella sia morta.... e come sia morta.
LA NUTRICE, turbata, esitante.
Fu una febbre, una gran febbre improvvisa che la portò via in
una notte. Non lo sapevi?
ANNA.
Ah no, no, non fu la febbre. Perché non hai mai voluto dirmi la
verità?
LA NUTRICE.
Non è quella la verità?
ANNA.
Non è quella, non è quella. La sera, mia madre era rimasta al
mio capezzale; e io, mentre m'addormentavo, sentivo i suoi baci
su la mia faccia e qualche cosa di tiepido come il pianto.... Ah era
così forte il sonno, che vinse la pena confusa del mio piccolo
cuore; e mi parve, nell'ultimo barlume della conoscenza, ch'ella
mi facesse piovere su la faccia, sul collo, su le mani le foglie di
rosa che avevo sfogliate il giorno nella vasca del giardino. Questa
fu l'ultima visione ch'io ebbi di mia madre.... Più tardi tu venisti a
risvegliarmi e mi domandasti se io l'avessi veduta e quando e
come ella m'avesse lasciata; ed eri tutta ansante. E pure io mi
riaddormentai, udendo uno scalpiccio che veniva su dal giardino,
come di gente alla ricerca. E la mattina, poco dopo l'alba, tu
venisti di nuovo a risvegliarmi e, mi chiudesti in un panno e mi
portasti su le braccia che ti vacillavano; mi portasti nell'altra casa
dove tu parlavi sotto voce, dove tutti parlavano sotto voce ed
erano pallidi.... E mai più la vidi.... E poi, quando tornammo nel
nostro giardino, tu sempre m'allontanavi dalla vasca; e quando tu
eri là, le tue labbra si movevano sempre come se pregassero....
Una pausa.
Dimmi la verità! Dimmi la verità! Perché volle morire?
LA NUTRICE, sconvolta.
No, no.... Tu t'inganni, tu t'inganni....
ANNA.
Non lo saprò mai?
LA NUTRICE.
Tu t'inganni.... Ah sempre così tu cerchi di rinnovarmi il
dolore!
ANNA, accarezzandola.
Perdonami, perdonami. Ecco che ti ho data un'altra pena!
Una pausa.
Senti l'odore dei mirti? Senti com'è forte?
Ella si alza e, rivolta verso la
loggia aperta, aspira il profumo,
tende le mani.
S'è levato il vento: pare che tintinni fra le mie dita come un
cristallo. E' aperta, la, la porta delle mie stanze?
LA NUTRICE.
E' aperta.
ANNA.
Tutte le finestre sono aperte?
LA NUTRICE.
Tutte.
ANNA.
Il vento passa come un fiume profumato. Dove sarà Bianca
Maria?
LA NUTRICE.
Forse nelle sue stanze. Vuoi che la chiami?
ANNA.
No, no.... Lasciala riposare, povera creatura! Alla fonte,
l'odore dei mirti era cosi acuto ch'ella stava per venir meno. La
sentivo vacillare, mentre risalivamo. Più d'una volta io l'ho
sorretta.... Vedi come sono sicura, nutrice! Io conducevo lei, non
ella me. Credo che io saprei discendere sola e risalire sola....
LA NUTRICE.
Ma perché tu parli tanto di quella fonte?
ANNA.
Tutti siamo attirati verso di lei come verso una sorgente di
vita. Non è ella forse la sola cosa viva in questo luogo, dove tutto
è morto e bruciato? Ella sola estingue la nostra sete; e tutta la sete
che è in noi si tende avidamente verso la sua freschezza. S'ella
non fosse, nessuno potrebbe vivere qui; tutti moriremmo d'arsura.


Magistrale è l'equivoco ( Atto IV, scena II ) tra Anna e Alessandro e il crescendo dell'orribile rivelazione. Leonardo, fratello di Bianca Maria, nella solitudine della loro esistenza matura una passione proibita e fatale che lo condurrà quasi alla follia e lo porterà ad uccidere la sorella per liberarsi dall'ossessione, annegandola nella fonte Perseia, che scorre accanto alle mura dell'antica rocca di Micene. 




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