Nell'epoca
più antica della storia egizia Osiride era considerato un eroe
civilizzatore, che regnò sull'Egitto ed assicurò la pace e la
ricchezza. Il suo malvagio fratello, Set o Tifone, ne procurò la
morte per gelosia e dilaniò il suo corpo in quattordici pezzi. La
sorella e sua sposa Iside ricercò dovunque i frammenti del suo
corpo, li trovò ed eresse su ciascuno di essi una tomba magnifica.
Horo, figlio di Osiride ed Iside, una volta divenuto adulto, vendicò
il padre e grazie a formule magiche lo richiamò in vita. Osiride
divenne così il sovrano del mondo ultraterreno e il giudice dei
morti, in quanto morto tornato in vita. Infatti le anime degli Egizi,
secondo la loro religione, qualora fossero ritenute buone e
meritevoli della “beatitudine eterna“ diventavano degli Osiride,
cioè si identificavano con il dio della vita ultraterrena.
Osiride,
come Dioniso, Orfeo e Gesù, è un eroe sofferente, la cui morte è
pianta da tutti, ma che infine viene resuscitato. Il suo mito implica
un antico rituale, in cui probabilmente veniva sacrificato un toro,
tagliato poi in quattordici parti e mangiato in comunione dai fedeli.
Il toro ucciso veniva immediatamente rimpiazzato da un altro toro
consacrato, e questo fatto aveva lo scopo di indicare ai fedeli che
il dio era resuscitato, in quanto appunto il toro simboleggiava il
dio stesso. I Greci erano stupiti della somiglianza di questo mito
egizio con quello di Dioniso, il giovane toro divorato dai Titani
della leggenda orfica, che Zeus fa rinascere a una vita gloriosa.
Nel
mitraismo, religione dell'antica Persia, sono presenti evidenti
analogie con questo mito egizio ( sacrificio del toro ). L'importanza
data al sacrificio simbolico dell'uomo-dio e all'idea di resurrezione
è ovviamente riscontrabile nel culto cristiano. La religione di
Osiride ed Iside, così come quella di Mitra, si sviluppò in effetti
nel mondo greco-romano contemporaneamente alla predicazione
cristiana, e non è fuori luogo ipotizzare un reciproco influsso tra
queste diverse fedi e culture, come farebbe anche supporre la
concezione del Verbo creatore, cioè la Parola datrice di vita,
espressa non solo nel Vangelo di San Giovanni ma pure e con un
maggior supporto teorico negli scritti attribuiti ad Ermete
Trismegisto, cioè al dio egizio Thot di Ermopoli.
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