sabato 27 ottobre 2018

Tristano








Si lasciò prendere dalle pagine del Tristano di Thomas Mann, quel racconto simbolo della vita dell'artista, destinata all'incomprensione e al fallimento. Collegava nella memoria la descrizione dell'esecuzione al pianoforte da parte della giovane donna tisica del preludio e del Liebestod del “Tristan und Isolde” di Richard Wagner con la grande esecuzione orchestrale e s'immergeva in quell'abisso della coscienza navigando verso regioni ignote, oscure e solari nel tempo stesso. Quella musica lo affascinava, lo trasportava, lo innalzava, lo inebriava, lo rendeva per un istante puro impulso della Volontà nel mare dell'infinito.
E scoprì, pur nell'incertezza della scoperta, che ora soltanto per la prima volta aveva guardato una ragazza come se in lei cercasse l'appagamento finale, il riposo nell'Essere, la rivelazione dell'Altro. Sentiva ora per la prima volta che la propria solitudine si risolveva in un seguito di deluse illusioni e che solo in lei egli avrebbe trovato il vero Se stesso.
Ma il vero Se stesso era solo lui. Il volto nel quale aveva vanamente cercato di specchiarsi gli aveva solo mostrato lo sguardo opaco dell'incomprensione. Era stato respinto con fastidio, con ottuso fastidio, e aveva capito che doveva sopportare sino alla fine la propria estraneità.
Sentiva che ormai la grande smentita si rivelava.
Il suo bisogno d'amore s'infrangeva contro il muro crudele dell'indifferenza e dell'insensibilità e, nonostante non avesse ancora i capelli bianchi, tutto era già finito.
Nei giorni lontani della sua prima giovinezza aveva sognato l'amore, la gloria, l'amicizia tra eguali.
Era stato il figlio d'un pittore, di un artista giramondo, che gli aveva fatto gustare il sapore del frutto proibito della cultura, del pensiero nascosto, dell'anticonformismo e di una sorta di dandismo da periferia.
La giovinezza trascorsa, la giovinezza sognata, la giovinezza non mai vissuta !
Questo è l'eterno rimpianto dell'età matura, che inevitabilmente si volge indietro.
Che cosa aveva avuto dalla vita, che non fosse il frutto della sua fantasia ?
Il tempo era trascorso e, anche se non era vecchio, non aveva già più nessuna speranza.

A quale delle sue nipoti ( o forse all'unico nipote ? ) aveva agitato a modo di burattino dinanzi al visetto stupito l'angioletto di marmo, quello che suonava il violino, mentre lo teneva sul braccio destro ? Non ricordava più i dettagli della vita passata, dei volti familiari, delle piccole gioie. Il tempo si era portato via quasi tutto. E quante immagini erano trascorse là nel salotto del pianoforte non mai suonato, dei mobili antichi, dei quadretti dipinti dagli avi. Tutto era passato.
E quando si trovava nella sua stanza da letto e da lavoro, dinanzi alla scrivania di fronte alla finestra sul giardino, ricordava l'infanzia, quella sensazione di misteriosa sicurezza, di curiosa attesa, quando sua madre in quella stessa stanza, adibita allora a stireria, stirava, in quel tempo ormai lontano. Ma cos'era mutato da allora ? Nulla. Egli attendeva sempre il compimento, la rivelazione a se stesso d'un mistero, e il tempo che trascorreva era come un lento fiume, calmo, inesorabile, inattingibile, insondabile.

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