Si
lasciò prendere dalle pagine del Tristano di Thomas Mann, quel
racconto simbolo della vita dell'artista, destinata
all'incomprensione e al fallimento. Collegava nella memoria la
descrizione dell'esecuzione al pianoforte da parte della giovane
donna tisica del preludio e del Liebestod del “Tristan und Isolde”
di Richard Wagner con la grande esecuzione orchestrale e s'immergeva
in quell'abisso della coscienza navigando verso regioni ignote,
oscure e solari nel tempo stesso. Quella musica lo affascinava, lo
trasportava, lo innalzava, lo inebriava, lo rendeva per un istante
puro impulso della Volontà nel mare dell'infinito.
E
scoprì, pur nell'incertezza della scoperta, che ora soltanto per la
prima volta aveva guardato una ragazza come se in lei cercasse
l'appagamento finale, il riposo nell'Essere, la rivelazione
dell'Altro. Sentiva ora per la prima volta che la propria solitudine
si risolveva in un seguito di deluse illusioni e che solo in lei egli
avrebbe trovato il vero Se stesso.
Ma
il vero Se stesso era solo lui. Il volto nel quale aveva vanamente
cercato di specchiarsi gli aveva solo mostrato lo sguardo opaco
dell'incomprensione. Era stato respinto con fastidio, con ottuso
fastidio, e aveva capito che doveva sopportare sino alla fine la
propria estraneità.
Sentiva
che ormai la grande smentita si rivelava.
Il
suo bisogno d'amore s'infrangeva contro il muro crudele
dell'indifferenza e dell'insensibilità e, nonostante non avesse
ancora i capelli bianchi, tutto era già finito.
Nei
giorni lontani della sua prima giovinezza aveva sognato l'amore, la
gloria, l'amicizia tra eguali.
Era
stato il figlio d'un pittore, di un artista giramondo, che gli aveva
fatto gustare il sapore del frutto proibito della cultura, del
pensiero nascosto, dell'anticonformismo e di una sorta di dandismo da
periferia.
La
giovinezza trascorsa, la giovinezza sognata, la giovinezza non mai
vissuta !
Questo
è l'eterno rimpianto dell'età matura, che inevitabilmente si volge
indietro.
Che
cosa aveva avuto dalla vita, che non fosse il frutto della sua
fantasia ?
Il
tempo era trascorso e, anche se non era vecchio, non aveva già più
nessuna speranza.
A
quale delle sue nipoti ( o forse all'unico nipote ? ) aveva agitato a
modo di burattino dinanzi al visetto stupito l'angioletto di marmo,
quello che suonava il violino, mentre lo teneva sul braccio destro ?
Non ricordava più i dettagli della vita passata, dei volti
familiari, delle piccole gioie. Il tempo si era portato via quasi
tutto. E quante immagini erano trascorse là nel salotto del
pianoforte non mai suonato, dei mobili antichi, dei quadretti dipinti
dagli avi. Tutto era passato.
E
quando si trovava nella sua stanza da letto e da lavoro, dinanzi alla
scrivania di fronte alla finestra sul giardino, ricordava l'infanzia,
quella sensazione di misteriosa sicurezza, di curiosa attesa, quando
sua madre in quella stessa stanza, adibita allora a stireria,
stirava, in quel tempo ormai lontano. Ma cos'era mutato da allora ?
Nulla. Egli attendeva sempre il compimento, la rivelazione a se
stesso d'un mistero, e il tempo che trascorreva era come un lento
fiume, calmo, inesorabile, inattingibile, insondabile.
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