Gustave
Le Bon, Psicologia delle folle, Milano, Monanni, 1927
(
prima edizione italiana )
Vademecum
dei dittatori del XX sec. ancora oggi riveste un'importanza e
un'attualità eccezionali.
P.
18, i legislatori non comprendono l'anima delle folle : “
L'esperienza non ha loro ancora abbastanza insegnato che gli uomini
non si guidano mai con le prescrizioni della pura ragione. “
P.
28, prevalenza dell'inconscio nelle folle, esso sfugge a ogni
controllo razionale.
Ibidem
: “ Nell'anima collettiva, le attitudini intellettuali degli
uomini, e per conseguenza la loro individualità, si cancellano. “
La
folla ha soltanto qualità mediocri e scarsa intelligenza : “ Le
decisioni di interesse generale prese da un'assemblea di uomini
scelti, ma di diverse attitudini non sono sensibilmente superiori
alle decisioni che prenderebbe una riunione di imbecilli. “ (p. 29)
P.
48 “... la storia non può eternare che dei miti.” I fatti
storici sono già alterati in partenza dalle testimonianze dei molti,
cioè della folla che si pasce delle proprie illusioni e deforma ogni
avvenimento come le piace. La storia ha per unico fondamento la
memoria e questa è fallace. Anche i documenti possono essere
interpretati in mille modi diversi. Conoscere la verità del passato
è impossibile. (1)
P.
49 : “ Non essendo la folla impressionata che da sentimenti
eccessivi, l'oratore che vuole sedurla deve abusare delle
affermazioni violente. Esagerare, affermare, ripetere, e non mai
tentare di nulla dimostrare con un ragionamento, sono i procedimenti
di argomentazione familiari agli oratori di riunioni popolari.“ Il protagonista delle folle è l'imbecille e in esse trionfa soltanto
l'istinto e la brutalità.
P.
52 : “ Il tipo dell'eroe caro alle folle avrà sempre la struttura
di un Cesare. Il suo pennacchio le seduce, la sua autorità si impone
e la sua sciabola fa loro paura. “
P.
63, le folle non ragionano, ma vengono sedotte da frasi ad effetto
volte a ingannare la loro immaginazione. Il loro quoziente
intellettivo è di poco superiore a quello della bestia. E qualunque
demagogo abile a far presa su di esse le manovra come un padrone.
P.
65, grande importanza delle scene teatrali per suggestionare la folla
e colpire la sua immaginazione, che per la folla sostituisce il mondo
reale. “ Il meraviglioso e il leggendario sono in realtà i veri
sostegni delle civiltà. “
P.
69, il sentimento religioso delle folle è rappresentato dalla fede
cieca nel capo, come fosse un dio, nell'atteggiamento fanatico e
intollerante di ogni opposizione e di ogni contrarietà. La folla non
sente ragioni, essa ha fede e crede in tutto quello che dice il
capo-dio. Anche oggi assistiamo a esempi di questo genere altrove e
in Italia, ma sono semplicemente i prodromi della futura dittatura e
della fine della democrazia.
P.
72-73, l'opinione della folla assume sempre un carattere religioso e
del sentimento religioso ha i peggiori aspetti, quali l'intolleranza
e il fanatismo.
“ I
re non hanno fatto la notte di S. Bartolomeo, né le guerre di
religione; e né Robespierre, né Danton, né Saint-Just fecero il
Terrore. Dietro a simili avvenimenti c'è sempre l'anima delle folle.
“
Potremmo
aggiungere che il Nazismo non l'ha fatto Hitler, ma piuttosto i
Tedeschi e diremmo il giusto.
P.
84, le istituzioni sono solo una veste che copre il carattere dei
popoli nel quale risiede il loro vero destino politico. E' la “razza”
(2) quella che determina le scelte politiche, cioè in parole povere
è il carattere intrinseco di un popolo a determinare la sua storia.
Imporre istituzioni dall'alto è deleterio, perché le istituzioni
durevoli provengono sempre dal basso, cioè dalla natura particolare
dei popoli. Così i paesi anglosassoni saranno sempre naturalmente
democratici, mentre quelli latini non lo saranno mai.
P.
88, a proposito dell'istruzione pubblica, cita più volte Il
regime moderno di Hippolyte Taine, condannando in blocco il
sistema scolastico statale basato sulla manualistica e sugli esami,
dove l'aspetto pratico della vita non viene mai preso in
considerazione. Invece, come si fa nei paesi anglosassoni, è proprio
dalla pratica che bisogna partire, educando i giovani al lavoro, che
intendono intraprendere, con il farli appunto lavorare e non
trascorrere sui banchi ore e ore a digerire un'inutile teoria.
Insomma educare i giovani alla vita futura significa innanzi tutto
farli vivere.
P.
107, a proposito delle parole a effetto ma prive di significato e
delle illusioni, l'autore scrive : “ Le folle non hanno mai avuto
sete di verità. Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si
voltano da un'altra parte, preferendo deificare l'orrore, se questo
le seduce. Chi sa illuderle, può facilmente diventare loro padrone,
chi tenta di disilluderle è sempre loro vittima. “
P.
108, le illusioni sono necessarie alle folle come gli errori, per
evitare i quali l'esperienza di una generazione non è sufficiente.
P.
109, l'oratore che non sia demagogo avrà poca presa sulle folle.
Bisogna indovinare il loro sentimento e parlare secondo quello,
perché qualunque ragionamento obiettivo risulta inefficace. La folla
è stupida e ha bisogno di discorsi stupidi.
P.
130, la folla è dominata dal prestigio di un grande personaggio,
come fu ad es. Napoleone che con il solo sguardo si faceva obbedire
da chiunque, anche dal più restio. Il prestigio può essere
personale, ma anche di un'idea, di una tradizione. In ogni caso
l'uomo della folla perde il senso critico ( se ne ha ) e diventa
schiavo del prestigio.
P.
136, le credenze e le opinioni costituiscono il fondo permanente e
apparentemente mutevole delle civiltà. Le credenze permanenti sono
l'ossatura della civiltà e come tali per quanto ragionevolmente
assurde non vengono mai messe in discussione se non quando una
rivoluzione vi pone fine. Ma alla morte di una credenza segue la
nascita di un'altra e quindi una nuova civiltà e società. Le
opinioni sono come le onde mutevoli sulla superficie dell'acqua, ma
per quanto variabili derivano anch'esse nella loro sostanza dalle
credenze permanenti e costituiscono come il volto delle civiltà.
P.
156, criminalità delle folle. Come esempio è presa la rivoluzione
francese del 1789, in cui esplose in tutta la sua brutalità la
violenza delle folle. Furono compiuti orribili massacri, giustificati
dalla folla come azioni meritorie in favore degli ideali della
rivoluzione.
P.
170, il trionfo del demagogo alle elezioni è dato dalla natura
stessa delle folle, come già scrisse Guicciardini nei suoi Ricordi
:
“ Chi
disse uno popolo disse veramente uno animale pazzo, pieno di mille
errori, di mille confusione, sanza gusto, sanza deletto, sanza
stabilità. “
Chi
lusinga l'elettore e rafforza le sue speranze illudendolo, vince le
elezioni.
P.
180, le istituzioni e i governi hanno poca importanza nella vita dei
popoli, quello che foggia il loro destino è l'ereditarietà del
carattere, ciò che l'autore definisce “razza”. Ne segue che i
vari regimi politici non costituiscono che la facciata nella vita
politica, di fatto ogni popolo ha un suo destino preciso determinato
appunto dalla “razza”.
P.
184, anche le assemblee parlamentari sono folla e non certo di
miglior specie. Esse sono dominate dai capi-gruppo che fanno valere
le loro opinioni e influiscono in maniera preponderante su ogni
decisione. Ne segue che anche in democrazia di fatto sono pochi,
pochissimi a esercitare il potere e a fare le leggi. E queste leggi
non sono certo il frutto di una saggia ponderatezza : “ Le
assemblee politiche sono il luogo della terra dove il genio si fa
meno sentire. “
P.
186, un leader non è che il portavoce delle opinioni della folla e
le segue sia nel bene che nel male. E' inutile incolpare un
condottiero dei disastri provocati alla nazione, egli si è limitato
a seguire l'opinione pubblica e ad adottarne gli errori.
P.
189, il condottiero non è una persona intelligente. “ E'
spaventoso pensare al potere che una convinzione forte, unita a
un'estrema angustia mentale, conferisce a un uomo circondato da un
certo prestigio. “
P.
197, il miglior regime è quello democratico, ma il pericolo in
questo caso è rappresentato dal proliferare delle leggi e della
burocrazia, che alla fine diventa la vera padrona dello Stato. Così
con l'illusione di garantire e difendere la libertà e gli interessi
dei cittadini, si prepara di fatto il loro asservimento a uno Stato
pletorico e asfissiante che imprigiona il cittadino in un labirinto
di leggi e regolamenti.
P.
200, il superamento dell'esistenza della folla si ha quando
l'agglomerato umano si identifica nella vita comune volta a un
ideale. Allora si passa dalla folla al popolo e si fonda la civiltà,
mentre prima era la barbarie. Tuttavia, quando un popolo perde i suoi
ideali, perde anche la propria identità e ridiventa folla, una folla
di barbari :
“ Passare
dalla barbarie alla civiltà seguendo un ideale, poi declinare e
morire non appena questo ideale ha perduto la sua forza, tale è il
ciclo della vita di un popolo. “ (p. 201)
E
noi Italiani siamo ancora un popolo o già una folla di barbari ?
(1)
I miti albergano nell'animo umano perché esprimono le forze oscure e
latenti sia nel bene sia nel male che lo costituiscono. Si badi a
suscitare con un troppo reiterato ricordo personaggi del passato che
sono ormai diventati come il Minotauro un simbolo di impulsi e
sentimenti negativi. Come spiriti maligni essi si aggirano tra le
folle soggiogate dal loro influsso letale e resuscitano in tutta la
loro forza distruttiva a danno di chi inconsapevolmente li ha
evocati.
(2)
Riporto qui una parola tabù, dalla quale personalmente prendo le
dovute distanze, essendo consapevole della sua assoluta
inconsistenza dal punto di vista scientifico, ma è un termine di cui
ha abusato anche Taine oltre Le Bon, e all'epoca non se ne conosceva
ancora l'effetto.