L'arte di Pirandello
è tutta basata sul paradosso. Anche il titolo della raccolta di
tutti i drammi, cioè Maschere nude, è un paradosso, perché
è un ossimoro. Il paradosso è basato sul contrasto evidente tra due
idee, così l'ossimoro, e infatti dice Pirandello che il suo umorismo
è basato sul “sentimento del contrario”.
A parte dunque il
retroterra culturale di Pirandello che è sicuramente vastissimo, da
Nietzsche a Freud a Bergson, la sua arte è però molto semplice,
essa consiste nel paradosso. E questo può avere un esito tragico
come uno comico, basta sfruttarne a fondo il filone che è
praticamente inesauribile. Questo spiega l'estrema prolificità di
Pirandello.
Un altro elemento
accattivante è l'abilità dialettica che rifulge sulla scena e
richiama il dialogo socratico di Platone, dove spesso Socrate procede
per antitesi, giochi di parole e paradossi. Questo elemento
conferisce ai drammi di Pirandello un alone filosofico di indubbia
originalità rispetto alle opere teatrali dell'epoca, ad es. quelle
di D'Annunzio dove prevale la forza fatale della passione.
Tuttavia la
frequente rottura della finzione scenica per rivelare l'interno
meccanismo di essa, e che è a sua volta ancora finzione, risulta
alla fine stucchevole. Se ciò gratifica inizialmente lo spettatore
goloso di nuove trovate, secca però il lettore del testo che perde
il filo degli avvenimenti.
Se viene soddisfatta
l'ansia di novità del pubblico, è anche vero che il fine della
poesia non è la “meraviglia”.
Così dopo la
lettura di uno di questi drammi, come ad es. “Ciascuno a suo modo”
o “Questa sera si recita a soggetto”, si torna a respirare d'un
respiro un po' pacato e salutare dopo tanto ansimo, con la lettura
d'un classico come “L'avaro” di Molière.
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