giovedì 4 luglio 2019

Marko Kurtinovic, Le abitudini


Marko Kurtinovic, Le abitudini, Roma, Gruppo Albatros, 2019


Probabilmente lo stile è mutuato da poeti oggi di moda come Erich Fried o altri, le cui poesie circolano pure su Instagram, ma al di là delle mode l'opera di Kurtinovic svela subito a colpo d'occhio l'impronta di una personalità.
P. 13 – 23, “ Il miracolo del capitano “ esprime la disperazione esistenziale dinanzi al Nulla. Il “capitano” ricorda Walt Whitman, in particolare si possono menzionare questi versi che sembrano rivelare una stessa fonte ispiratrice :

I am the poet of the Body and I am the poet of the Soul,
The pleasures of heaven are with me and the pains of hell are with me,
The first I graft and increase upon myself, the latter I translate into a new tongue.
( Song of Myself )

Ed è appunto una “lingua nuova” la meta della ricerca del giovane poeta, una lingua che susciti come la musica vibrazioni profonde, sconvolgimenti radicali dell'anima.
Questo sperimentalismo di stile e di linguaggio rientra in pieno nella tradizione simbolista-decadente il cui padre e padrino è Arthur Rimbaud. Basti prendere in considerazione questi versi di “Bribes” :

Derrière tressautait en des hoquets grotesques
Une rose avalée au ventre du portier.

La situazione è suggerita e la nostra immaginazione la elabora autonomamente, ma dal punto di vista strettamente logico la frase non ha alcun significato. Come la musica non ci parla direttamente ma suscita in noi, nel fondo irrazionale del nostro io, una reazione emotiva di cui non sappiamo fornire una ragione, così la poesia simbolista evoca non comunica, come l'antica profezia secondo Dante :

Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.

E dello spirito ribelle di Rimbaud è la sezione intitolata “ Il porco dell'arte “. Come rimandano sempre a Rimbaud i versi di p. 29 :

Illuminare e bruciare
è qualcosa di meravigliosamente verosimile

Bruciare e illuminare
è qualcosa di verosimilmente meraviglioso

dove nel gioco di parole si rivela l'ardore giovanile della scoperta, l'audacia della sfida demonica, l'ardimento di un Prometeo dissacrante.
Gli ultimi versi svelano una discesa agli inferi :

Piacere al fuoco è male
parlare di verità significa
rendere giustizia a pochi.

E anche qui viene in mente l'inferno di Rimbaud in “Nuit de l'enfer” :

J'ai avalé une fameuse gorgée de poison. - Trois fois béni soit le conseil qui m'est arrivé ! - Les entrailles me brûlent. ...

e più avanti :

Je vais dévoiler tous les mystères : mystères religieux ou naturels, mort, naissance, avenir, passé, cosmogonie, néant. Je suis maître en fantasmagories.

Anche in “Nuda” (p. 31) si tenta, con la ripetizione un po' ossessiva dell'aggettivo, di attingere l'ultimo segreto delle cose, per usare un'espressione montaliana, e non manca neppure qui l'intento dissacratorio, che però nasconde una intima, profonda aspirazione alla Purezza.
La dedica a Igino Ugo Tarchetti della poesia “Il teschio” (p. 33) ci fornisce una prova ancor più evidente di questo legame con i poeti maledetti, in questo caso gli Scapigliati della seconda metà dell'Ottocento. L'autore di Fosca, romanzo patetico-patologico, lo è anche della poesia “Memento” che viene richiamata da Kurtinovic all'inizio e alla fine in versi che riecheggiano quelli di Tarchetti. Anche qui è presente il motivo tipicamente romantico-decadente di amore e morte, bellezza e disfacimento.
Credo che anche l'atteggiamento degli Scapigliati, il loro anticonformismo e moto ribelle, abbia suscitato l'interesse del giovane poeta, ricordiamoci questi versi di “Preludio” di Emilio Praga :

Canto litane di martire e d'empio;
canto gli amori dei sette peccati
che mi stanno nel cor, come in un tempio
inginocchiati.

Canto le ebbrezze dei bagni d'azzurro,
e l'Ideale che annega nel fango …

Certo non mancano improvvise reminiscenze da altri poeti come a p. 34 “le mie quattro ossa“ richiamano l'espressione di Ungaretti ne “I fiumi”, e del resto anche il modello ungarettiano deve essere tenuto presente, soprattutto nella frantumazione del verso.
A p. 36 i versi :

Dovrai scegliere
sceglierai
tra la canna d'una pistola
ed i piedi della Croce

sono una citazione dalla recensione di Barbey d'Aurevilly all'A rebours di Huysmans. Come si può notare, i riferimenti dotti non mancano. Peccato però che nello stesso componimento frantumato si scriva “sarai la parodia d'un ombra” senza l'apostrofo all'articolo indeterminativo. Il che è senza dubbio una svista, ma assai pericolosa.
Il motivo della maschera, cui allude anche il titolo della raccolta, appare a p. 41 nella lirica “Come un arlecchino” e nella pagina seguente dove si leggono questi bellissimi versi :

Masticano la luna
nel loro Carnevale
le maschere azzurre

e volare
è morire dentro i sogni.

In his omnibus inest quidam sine ullo fuco veritatis color”, per usare una frase ciceroniana, e in effetti l'espressione qui si riduce all'essenziale, ma grazie all'analogia l'effetto è estremamente intenso. Bastano poche note per creare una melodia indimenticabile.
Altra lirica assai suggestiva è a p. 45, “E sopra il cielo vasto e vuoto” che si collega al motivo dell'aridità spirituale e della divina Indifferenza montaliana :

Sono una mosca sul soffitto
nella casa dei ragni.

Sono la parodia d'un'ombra
ahi quanta bellezza ho sprecato !

Ho un contagocce nell'anima
sotto qualche petalo viola
e sopra il cielo vasto e vuoto.

Il motivo montaliano dell'anello che non tiene, del segreto delle cose, del filo da disbrogliare appare anche a p. 55 :

Ho davvero bisogno
di parole che sappiano
sbrogliare il segreto
ed avvilire la menzogna.

I componimenti precedenti a questo esprimono il senso di desolazione e solitudine e disperazione degli abitanti della città moderna, con le sue sacche di emarginazione e ghetti per tossicodipendenti.
Le liriche seguenti non suscitano, a mio parere, molto interesse, tranne questa che fa meditare (p. 61) :

Uomini seduti alle loro finestre
avrebbero messo a fuoco le piogge
di tutti i mondi se solo avessero potuto
e se solo avessero saputo avrebbero
educato tutti i loro figli alla tempesta
alla tempesta e non ai temporali.

E abbiamo qui la sfida agli ultimi uomini, ai borghesi benpensanti, che vagheggiano una vita comoda e sicura e soprattutto lontana da quella enorme scocciatura rappresentata dal dubbio, dagli interrogativi sui motivi dell'esistere, dalla profondità del pensare.
Altre poesie aprono spiragli di luce improvvisa e istantanea sulla quotidianità, come il dialogo tra innamorati e la ragazza che (p. 63) “ si abbandonò sulla panchina – e nell'alleluia della polvere sentiva – qualcosa che le ricordò l'Amore.”
A p. 65 “Domani il sereno” sembra quasi per il contenuto assurdo una specie di limerick. Il contenuto infatti evidenzia la vacuità della vita quotidiana, nella sua gestualità e abitudinarietà senza senso.
Altri componimenti hanno un tono e un contenuto quasi oracolare e sembrano sentenze di Eraclito. Bisogna abbandonarsi alla loro suggestione.
A p. 71 “Ho sognato” pare un gioco di parole organizzato a scatole cinesi.
Nelle poesie d'amore c'è sempre la presenza della morte, inevitabile destino della vita umana, ma che sottintende sempre la minaccia del Nulla, piuttosto che una redenzione nella vita ultraterrena. Dio appare più una delle tante ipotesi che una speranza.
La piacevolezza del gioco verbale appare anche nella poesia (p. 76) “Se non ti penso”, che comunque è dotata di una sua indubbia grazia.
Le due ultime liriche pur con il loro contenuto piuttosto enigmatico tradiscono un senso di orgogliosa disperazione da bohémien, e in particolare l'ultima col pater noster finale in chiave blasfema.
Un'ultima cosa. Sopra ho accennato al tema della maschera a proposito del titolo della raccolta, cioè Le abitudini. Infatti il termine “abitudine” richiama il latino “habitus” che vale per comportamento o veste, da cui il nostro “abito”, e in genere designa l'individualità esteriore e quindi l'apparenza, la “maschera” appunto con la quale ognuno di noi si presenta e si traveste agli occhi degli altri. E' quindi presente il noto motivo pirandelliano oltre naturalmente l'allusione alla monotona e spesso piatta vita borghese di tutti i giorni. Perché chi scrive è un bohémien, un ribelle alla Rimbaud, un sovvertitore. Gli auguro di riuscirci.


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