Marko
Kurtinovic, Le abitudini,
Roma, Gruppo Albatros, 2019
Probabilmente
lo stile è mutuato da poeti oggi di moda come Erich Fried o altri,
le cui poesie circolano pure su Instagram, ma al di là delle mode
l'opera di Kurtinovic svela subito a colpo d'occhio l'impronta di una
personalità.
P.
13 – 23, “ Il miracolo del capitano “ esprime la disperazione
esistenziale dinanzi al Nulla. Il “capitano” ricorda Walt
Whitman, in particolare si possono menzionare questi versi che
sembrano rivelare una stessa fonte ispiratrice :
I
am the poet of the Body and I am the poet of the Soul,
The
pleasures of heaven are with me and the pains of hell are with me,
The
first I graft and increase upon myself, the latter I translate into a
new tongue.
(
Song of Myself )
Ed
è appunto una “lingua nuova” la meta della ricerca del giovane
poeta, una lingua che susciti come la musica vibrazioni profonde,
sconvolgimenti radicali dell'anima.
Questo
sperimentalismo di stile e di linguaggio rientra in pieno nella
tradizione simbolista-decadente il cui padre e padrino è Arthur
Rimbaud. Basti prendere in considerazione questi versi di “Bribes”
:
Derrière
tressautait en des hoquets grotesques
Une
rose avalée au ventre du portier.
La
situazione è suggerita e la nostra immaginazione la elabora
autonomamente, ma dal punto di vista strettamente logico la frase non
ha alcun significato. Come la musica non ci parla direttamente ma
suscita in noi, nel fondo irrazionale del nostro io, una reazione
emotiva di cui non sappiamo fornire una ragione, così la poesia
simbolista evoca non comunica, come l'antica profezia secondo Dante :
Così
la neve al sol si disigilla;
così
al vento ne le foglie levi
si
perdea la sentenza di Sibilla.
E
dello spirito ribelle di Rimbaud è la sezione intitolata “ Il
porco dell'arte “. Come rimandano sempre a Rimbaud i versi di p. 29
:
Illuminare
e bruciare
è
qualcosa di meravigliosamente verosimile
Bruciare
e illuminare
è
qualcosa di verosimilmente meraviglioso
dove
nel gioco di parole si rivela l'ardore giovanile della scoperta,
l'audacia della sfida demonica, l'ardimento di un Prometeo
dissacrante.
Gli
ultimi versi svelano una discesa agli inferi :
Piacere
al fuoco è male
parlare
di verità significa
rendere
giustizia a pochi.
E
anche qui viene in mente l'inferno di Rimbaud in “Nuit de l'enfer”
:
J'ai
avalé une fameuse gorgée de poison. - Trois fois béni soit le
conseil qui m'est arrivé ! - Les entrailles me brûlent. ...
e
più avanti :
Je
vais dévoiler tous les mystères : mystères religieux ou naturels,
mort, naissance, avenir, passé, cosmogonie, néant. Je suis maître
en fantasmagories.
Anche
in “Nuda” (p. 31) si tenta, con la ripetizione un po' ossessiva
dell'aggettivo, di attingere l'ultimo segreto delle cose, per usare
un'espressione montaliana, e non manca neppure qui l'intento
dissacratorio, che però nasconde una intima, profonda aspirazione
alla Purezza.
La
dedica a Igino Ugo Tarchetti della poesia “Il teschio” (p. 33) ci
fornisce una prova ancor più evidente di questo legame con i poeti
maledetti, in questo caso gli Scapigliati della seconda metà
dell'Ottocento. L'autore di Fosca,
romanzo patetico-patologico, lo è anche della poesia “Memento”
che viene richiamata da Kurtinovic all'inizio e alla fine in versi
che riecheggiano quelli di Tarchetti. Anche qui è presente il motivo
tipicamente romantico-decadente di amore e morte, bellezza e
disfacimento.
Credo
che anche l'atteggiamento degli Scapigliati, il loro anticonformismo
e moto ribelle, abbia suscitato l'interesse del giovane poeta,
ricordiamoci questi versi di “Preludio” di Emilio Praga :
Canto
litane di martire e d'empio;
canto
gli amori dei sette peccati
che
mi stanno nel cor, come in un tempio
inginocchiati.
Canto
le ebbrezze dei bagni d'azzurro,
e
l'Ideale che annega nel fango …
Certo
non mancano improvvise reminiscenze da altri poeti come a p. 34 “le
mie quattro ossa“ richiamano l'espressione di Ungaretti ne “I
fiumi”, e del resto anche il modello ungarettiano deve essere
tenuto presente, soprattutto nella frantumazione del verso.
A
p. 36 i versi :
Dovrai
scegliere
sceglierai
tra
la canna d'una pistola
ed
i piedi della Croce
sono
una citazione dalla recensione di Barbey d'Aurevilly all'A rebours
di Huysmans. Come si può notare, i riferimenti dotti non mancano.
Peccato però che nello stesso componimento frantumato si scriva
“sarai la parodia d'un ombra” senza l'apostrofo all'articolo
indeterminativo. Il che è senza dubbio una svista, ma assai
pericolosa.
Il
motivo della maschera, cui allude anche il titolo della raccolta,
appare a p. 41 nella lirica “Come un arlecchino” e nella pagina
seguente dove si leggono questi bellissimi versi :
Masticano
la luna
nel
loro Carnevale
le
maschere azzurre
e
volare
è
morire dentro i sogni.
“In
his omnibus inest quidam sine ullo fuco veritatis color”, per usare
una frase ciceroniana, e in effetti l'espressione qui si riduce
all'essenziale, ma grazie all'analogia l'effetto è estremamente
intenso. Bastano poche note per creare una melodia indimenticabile.
Altra
lirica assai suggestiva è a p. 45, “E sopra il cielo vasto e
vuoto” che si collega al motivo dell'aridità spirituale e della
divina Indifferenza montaliana :
Sono
una mosca sul soffitto
nella
casa dei ragni.
Sono
la parodia d'un'ombra
ahi
quanta bellezza ho sprecato !
Ho
un contagocce nell'anima
sotto
qualche petalo viola
e
sopra il cielo vasto e vuoto.
Il
motivo montaliano dell'anello che non tiene, del segreto delle cose,
del filo da disbrogliare appare anche a p. 55 :
Ho
davvero bisogno
di
parole che sappiano
sbrogliare
il segreto
ed
avvilire la menzogna.
I
componimenti precedenti a questo esprimono il senso di desolazione e
solitudine e disperazione degli abitanti della città moderna, con le
sue sacche di emarginazione e ghetti per tossicodipendenti.
Le
liriche seguenti non suscitano, a mio parere, molto interesse, tranne
questa che fa meditare (p. 61) :
Uomini
seduti alle loro finestre
avrebbero
messo a fuoco le piogge
di
tutti i mondi se solo avessero potuto
e
se solo avessero saputo avrebbero
educato
tutti i loro figli alla tempesta
alla
tempesta e non ai temporali.
E
abbiamo qui la sfida agli ultimi uomini, ai borghesi benpensanti, che
vagheggiano una vita comoda e sicura e soprattutto lontana da quella
enorme scocciatura rappresentata dal dubbio, dagli interrogativi sui
motivi dell'esistere, dalla profondità del pensare.
Altre
poesie aprono spiragli di luce improvvisa e istantanea sulla
quotidianità, come il dialogo tra innamorati e la ragazza che (p.
63) “ si abbandonò sulla panchina – e nell'alleluia della
polvere sentiva – qualcosa che le ricordò l'Amore.”
A
p. 65 “Domani il sereno” sembra quasi per il contenuto assurdo
una specie di limerick. Il contenuto infatti evidenzia la vacuità
della vita quotidiana, nella sua gestualità e abitudinarietà senza
senso.
Altri
componimenti hanno un tono e un contenuto quasi oracolare e sembrano
sentenze di Eraclito. Bisogna abbandonarsi alla loro suggestione.
A
p. 71 “Ho sognato” pare un gioco di parole organizzato a scatole
cinesi.
Nelle
poesie d'amore c'è sempre la presenza della morte, inevitabile
destino della vita umana, ma che sottintende sempre la minaccia del
Nulla, piuttosto che una redenzione nella vita ultraterrena. Dio
appare più una delle tante ipotesi che una speranza.
La
piacevolezza del gioco verbale appare anche nella poesia (p. 76) “Se
non ti penso”, che comunque è dotata di una sua indubbia grazia.
Le
due ultime liriche pur con il loro contenuto piuttosto enigmatico
tradiscono un senso di orgogliosa disperazione da bohémien, e in
particolare l'ultima col pater noster finale in chiave blasfema.
Un'ultima
cosa. Sopra ho accennato al tema della maschera a proposito del
titolo della raccolta, cioè Le abitudini. Infatti il termine
“abitudine” richiama il latino “habitus” che vale per
comportamento o veste, da cui il nostro “abito”, e in genere
designa l'individualità esteriore e quindi l'apparenza, la
“maschera” appunto con la quale ognuno di noi si presenta e si
traveste agli occhi degli altri. E' quindi presente il noto motivo
pirandelliano oltre naturalmente l'allusione alla monotona e spesso
piatta vita borghese di tutti i giorni. Perché chi scrive è un
bohémien, un ribelle alla Rimbaud, un sovvertitore. Gli auguro di
riuscirci.
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