domenica 26 febbraio 2012

La rivoluzione





Il popolo italiano
vuol far l’americano,
ma certo non s’impone
con la rivoluzione :
la tassa ancor non c’è
sul carico del tè.

sabato 25 febbraio 2012

Thomas Hobbes





Leviathan, III, 42

For the third conclusion, which is that St. Peter was monarch of the Church, he bringeth for his chief argument the place of St. Matthew, "Thou art Peter, and upon this rock I will build my church," etc. "And I will give thee the keys of heaven; whatsoever thou shalt bind on earth shall be bound in heaven, and whatsoever thou shalt loose on earth shall be loosed in heaven." [Matthew, 16. 18, 19] Which place, well considered, proveth no more but that the Church of Christ hath for foundation one only article; namely, that which Peter, in the name of all the Apostles professing, gave occasion to our Saviour to speak the words here cited. Which that we may clearly understand, we are to consider, that our Saviour preached by himself, by John Baptist, and by his Apostles, nothing but this article of faith, "that he was the Christ"; all other articles requiring faith no otherwise than as founded on that. John began first, preaching only this, "The kingdom of God is at hand." [Ibid., 3. 2] Then our Saviour himself preached the same: [Matthew, 4. 17] and to his twelve Apostles, when he gave them their commission, there is no mention of preaching any other article but that. [Ibid., 10. 7] This was the fundamental article, that is the foundation of the Church's faith. Afterwards the Apostles being returned to him, he asketh them all, not Peter only, who men said he was; and they answered that some said he was John the Baptist, some Elias, and others Jeremias, or one of the Prophets; [Ibid., 16. 13] then he asked them all again, not Peter only, "Whom say ye that I am?" [Ibid., 16. 15] Therefore St. Peter answered for them all, "Thou art Christ, the Son of the living God"; which I said is the foundation of the faith of the whole Church; from which our Saviour takes the occasion of saying, "upon this stone I will build my Church": by which it is manifest that by the foundation-stone of the Church was meant the fundamental article of the Church's faith. But why then, will some object, doth our Saviour interpose these words, "Thou art Peter"? If the original of this text had been rigidly the reason would easily have appeared. We are therefore to consider that the Apostle Simon was surnamed Stone (which is the signification of the Syriac word cephas, and of the Greek word petrus). Our Saviour therefore after the confession of that fundamental article, alluding to his name, said (as if it were in English) thus, "Thou art Stone, and upon this Stone I will build my Church": which is as much as to say, "This article, that I am the Christ, is the foundation of all the faith I require in those that are to be members my Church." Neither is this allusion to a name an unusual thing in common speech: but it had been a strange and obscure speech, if our Saviour, intending to build his Church on the person of St. Peter, had said, "Thou art a stone, and upon this stone I will build my Church," when it was so obvious, without ambiguity, to have said, "I will build my Church on thee"; and yet there had been still the same allusion to his name.

Traduco da Salomon Reinach, Orpheus (1925 ), pag. 330 : “ Gesù non ha designato Pietro come il capo della sua Chiesa, non ha “ istituito il papato “. Il passaggio di Matteo ( 16,18 ) : “ Tu sei Pietro e su questa pietra io fonderò la mia Chiesa … io ti darò le chiavi del regno dei cieli ecc. “ è una evidente interpolazione, fatta a un’epoca in cui c’era già una Chiesa separata dalla Sinagoga. Nei passaggi paralleli di Marco ( 8, 27-32 ) e di Luca ( 9, 18-22 ) non c’è una parola sul primato di Pietro, fatto che Marco, che viene detto discepolo di Pietro, non avrebbe potuto omettere se ne avesse avuto conoscenza. L’interpolazione parrebbe posteriore alla redazione del Vangelo di Luca. “

Scheda di lettura Laurence Sterne e David Hume



Laurence Sterne    A sentimental journey ( Viaggio sentimentale )   Milano, Rizzoli, 1995
                                       ( nella versione di Ugo Foscolo )
                                                            1768


Sterne è un incorreggibile dongiovanni, si veda il cap. XXXII, “ Il polso “ ( “ The pulse “ ). Il tono dell’opera è pervaso da uno “ humour “ tipicamente inglese.
Si noti questa osservazione, valida per tutte le donne e particolarmente per le grandi dame ( ad esempio la Clodia di Catullo ), pag. 344 ( trad. di Foscolo ) : “ S’era fatto mal credere a madame de V. ch’io mi fossi un esprit – Ella sì ch’ell’era un esprit, e spasimava di vedermi e d’udirmi; né io aveva preso una seggiola, che m’accorsi che per sincerarsi del mio spirito quella dama non avrebbe dato un pistacchio – ma che io invece era ammesso per far poi testimonio del suo – e Dio sia testimonio anche a me che conversando con essa non ho levato il sigillo a’ miei labbri. “ In amore il cavaliere non è che un ornamento, però Catullo non lo sapeva.
Cap. LXVI, “ The Bourbonnois “ ( pag. 364 ) : “ Dear sensibility ! “, è un inno alla sensibilità, unita alla ragionevolezza e alla consapevolezza dei limiti della natura umana che di molto supera tutti gli eccessi e i languori morbosi del romanticismo posteriore. L’epoca preromantica del Settecento appare ancora intrisa d’illuminismo, di quello non rigorosamente materialistico ma umanistico, qui non c’è l’urlo della passione ma la voce pacata, anche se melanconica, dell’uomo che sa d’essere soltanto uomo.
Federico Nietzsche in Umano, troppo umano ( 1878 ), vol. II, parte prima, n. 113 ( ed. Newton ), esprime un giudizio molto lusinghiero su Sterne, grande maestro dell’ambiguità, l’autore più duttile, mostrando una profonda conoscenza della letteratura moderna. Il pensatore tedesco dice : “ Egli fu    di una bonarietà spietata, e nei godimenti di una immaginazione barocca, anzi depravata, possedé quasi la timida grazia dell’innocenza. Una simile ambiguità, di carne e d’anima, una simile libertà di spirito in ogni singola fibra e muscolo del corpo : come possedé lui queste qualità, non le ha forse possedute nessun altro uomo. “  ( Pag. 736 )
In accordo con i sentimenti dello Sterne, il filosofo David Hume scrive nella Ricerca sui principi della morale (1751 ) ( Bari, Laterza, 1997 ) : “ … it is always found, that a warm concern for the interests of our species is attended with a delicate feeling of all moral distinctions … “ ( “ si è sempre trovato che un caloroso attaccamento per gli interessi della nostra specie è accompagnato da un fine avvertimento di tutte le distinzioni morali … “  trad. di Mario Dal Pra ).
D’altra parte, lo Hume in quest’opera manifesta uno spirito intriso di umanesimo nelle frequenti rimembranze del mondo classico, a pag. 132 cita Longino a proposito della magnanimità, della quale il sublime è un eco o una immagine ( fa riferimento al “ famoso silenzio di Aiace nell’Odissea “ ). Si noti che Longino scrive ( cap. 9 ) : “ ψος μεγαλοφροσύνης πήχημα “ e quindi Hume : “ The sublime … the echo or image of magnanimity “.
( Trad. inglese del sito Perseus ) “ and knowing as I did that our antagonist Philip himself, contending for empire and supremacy, had endured the loss of his eye, the fracture of his collar-bone, the mutilation of his hand and his leg, and was ready to sacrifice to the fortune of war any and every part of his body, if only the life of the shattered remnant should be a life of honor and renown? “
Hume traduce abbastanza fedelmente : “ Io vidi Filippo, colui col quale eravate in lotta, mentre, con lo scopo di conseguire impero e dominio, si esponeva risolutamente ad ogni ferita; il suo occhio sanguinava, aveva il collo contorto, un braccio ed una coscia trapassati, pronto a cedere allegramente alla fortuna quella qualsiasi parte del suo corpo le fosse piaciuto di prendergli, purché, con quanto gli rimaneva avesse potuto vivere onorato e glorioso. “ ( Mario Dal Pra ).



venerdì 24 febbraio 2012

All’Italia






Ora che avete chi ben vi guida
non s’ode voce levarsi a sfida,
ma in voi ogni groppa presto s’abbassa
e tutti gridano : “ Viva la tassa ! “

Ora che avete chi ben vi sprona,
tutti son lieti, tutti contenti
e di speranze i giovani ardenti
urlano in coro : “ Vieni e bastona ! “

O bella Italia quanto sei stramba,
che in scarpa stretta muovi la gamba
e balli e strisci sino alla fine
per un sentiero pieno di spine.

L’oscurità























Quale un’ombra in solitaria valle
erra notturna e perduto ha il cuore,
senza memoria in un cieco terrore
fugge il futuro incombente alle spalle,

tale son io senza onore e gloria,
uno che in alto guarda la vetta
tra l’azzurro immensa, dove saetta
il biondo arciere nella sua vittoria.

Oh, l’ardua ascesa alla montagna !
Un sogno quasi, nell’aria pura
tra i cori arditi ed aspri dei corvi,

ora è per me, che di lacrime bagna
il triste addio, come l’occaso oscura
la terra e ne copre gli occhi torvi.

Il leone





Si trovava sulla riva di un fiume.
Intorno sotto i pioppi s’estendeva un mosaico di piante multicolori : ligustri e caprifogli, vitalbe, candide campanelle, trifogli bianchi, rosei, rubri, rosate centauree, euforbie dal latteo umore, convolvuli, bottoni d’oro, margherite e gerani. La corrente spumeggiava tra i sassi e lanciava sprazzi e gocce d’acqua montana, e le libellule svolazzavano sopra l’acqua sfiorandola e soffermandosi di tanto in tanto sulle foglie di menta. I fiorellini dei ranuncoli acquatici sorgendo a fior dell’elemento, laddove il fiume stazionava in ampie conche, apparivano quali minute sfere di cristallo, avvolti com’erano in bollicine d’aria, e accanto ad essi galleggiavano le lenticchie palustri. E quando il fiume s’allargava e si riposava in curve e dolci insenature, sì da formare quasi un lago, la luce del sole vi si specchiava liberamente e il riverbero dalle acque, unendosi alla luminosità aerea, si versava sui fianchi arborati dei monti, più vivamente rilucendo nelle zone spoglie e rocciose, e così l’acque e le foreste parevano d’oro e gli abeti meravigliose vampe ardenti. E la terra assolata ammutoliva nel vasto silenzio di Pan.
Sulle rive crescevano cedri giganteschi che protendevano le fronde sulle acque mormoranti e adombravano larghe foglie verdecupo di piante ignote dal fiore violaceo, profumato, schiuso come una coppa pronta a ricevere la pioggia del cielo, alte canne ondeggiavano alla brezza e nascondevano nidi di alati pescatori. Gigli variopinti, bianchi, rossi, punteggiati e sfumati, adornavano il praticello, mentre nelle zone ove la corrente cessava e si formavano piccoli porti quieti, le ninfee mostravano i fiori bianchi e gialli accanto alle larghe foglie natanti. Ma più innanzi il fiume precipitava per cascate aperte sull’abisso, e le spume si frangevano, magli sprigionanti scintille, su rocce millenarie fendute dall’urto incessante del corso fragoroso e possente, che scendeva inesorabile lungo i canali maggiori e minori, scavati nei macigni, e qual fiume di lava incandescente si gettava a capofitto di rupe in rupe fino a gorgogliare alla base della montagna e a placarsi in un diverso e solenne cammino.
E nella selva fitta e oscura e cieca si mise dentro, in segreti meandri, fluendo tra rive nascoste da un vello lussureggiante, e sui rami di alberi secolari e giganteschi assordavano migliaia di pappagalli, tucani, cacatua, upupe, uccelli del paradiso dalle lunghe code e dal piumaggio multicolore, uccelli dalla coda in forma di lira, altri dai larghi collari gialli simili ai collari inamidati in uso nel Seicento, alcuni dalle due tremanti antenne sopra il capo, altri dai lati coverti da setosi filamenti agitantisi alla brezza, altri ancora dalla pettorina lucente di scaglie argentee, e alcuni dagli imperiosi sopraccigli severi, e questi alati colmavano la volta arborea di cinguettii, di fischi, di starnazzii, di sibili, di vagiti, di trilli, di borbottii, di gracchii, di stridii, di squilli e schianti subitanei che laceravano le orecchie.
Un’aria greve inumidiva i tronchi delle piante pletoriche e si diffondeva un vapore pregno di odori soavi e di sentori contrari di vegetazione putrescente, quasi il sudore della foresta o l’atmosfera soffocante d’un bagno turco, e si smarriva nel dedalo inestricabile dei banani, delle adausonie e delle palme, vellicando la corolla sontuosa delle orchidee. E poi ruotava su se stessa e veniva inghiottita da un’apertura inattesa della roccia muschiosa, e, precipitata nel gorgo, si condensava sulle pareti petrose in gocce pesanti e dense quali di un balsamo.
La grotta echeggiava, a intervalli, di un ruggito rabbioso proveniente dall’oscurità dell’interno.
A questo terrificante segnale seguiva un rantolo sommesso, un respiro minaccioso, e l’immane belva usciva all’aperto in una luce opaca quale sotto un cielo plumbeo foriero di tempesta.
Gli occhi fulvi e lucidi cangiavano nelle ombre e nei fasci dei raggi simili a bagliori di fiamme o riflessi di quarzo imbiondito da lumi improvvisi, la pupilla si dilatava nell’ira, e l’iride era un vortice di voluttà crudele, un fluttuare torbido, dopo il fortunale scatenato, che s’illumina, al rifrangersi del tramonto nelle acque grige, d’un verde giallo striato di ruscelli di sangue.
Il leone si parò innanzi, immenso, con le fauci aperte in un ruggito, pronto a dilaniare. Le zampe poggiavano sul suolo potenti, con gli artigli protesi a guisa di uncini.
Ma nella bestialità feroce una traccia pareva rivelarsi della crudeltà umana, e quelle membra suggerivano fianchi ed arti di un uomo gigantesco, di forsennata audacia, i cui pensieri fossero cangiati in un beveraggio di bile e in allucinazioni di vendetta.     



giovedì 23 febbraio 2012

Scheda di lettura Gustave Flaubert





Gustave Flaubert    La tentation de Saint Antoine ( 1873 )       Paris, Garnier-Flammarion, 1967



Pag. 40 : Antonio leggendo la Bibbia giunge al I libro dei Re e sofferma i suoi occhi sul passo che riferisce la visita della regina di Saba a Salomone. Salomone è ritenuto da Antonio un sapiente mago. Può darsi che, in accordo con l’atmosfera esoterica del tempo, Anton Giulio Barrili, autore molto noto in quell’epoca, ne L’anello di Salomone ( 1883 ) sia stato influenzato, anche solo per reminiscenza, dalla lettura di quest’opera di Flaubert.
Pag. 59 : il fascino misterioso delle grandi città di Alessandria, Costantinopoli, e soprattutto Babilonia. Il sogno anche qui dà luogo ad architetture fantastiche e grandiose come il palazzo del re Nabuchodonosor :  
“ Et bientôt se découvre sous les ténèbres une salle immense, éclairée par des candélabres d’or.
Des colonnes, à demi perdues dans l’ombre tant elles sont hautes, vont s’alignant à la file en dehors des tables qui se prolongent jusqu’à l’horizon, où apparaissent dans une vapeur lumineuse des superpositions d’escaliers, des suites d’arcades, des colosses, des tours, et par derrière une vague bordure de palais que dépassent des cèdres, faisant des masses plus noires sur l’obscurité.
Les convives, couronnés de violettes, s’appuient du coude contre des lits très bas. Le long de ces deux rangs, des amphores qu’on incline versent du vin ; et tout au fond, seul, coiffé de la tiare et couvert d’escarboucles, mange et boit le roi Nabuchodonosor.
À sa droite et à sa gauche, deux théories de prêtres en bonnets pointus balancent des encensoirs. Par terre, sous lui, rampent les rois captifs, sans pieds ni mains, auxquels il jette des os à ronger ; plus bas se tiennent ses frères, avec un bandeau sur les yeux, étant tous aveugles.
Une plainte continue monte du fond des ergastules. Les sons doux et lents d’un orgue hydraulique alternent avec les chœurs de voix ; et on sent qu’il y a tout autour de la salle une ville démesurée, un océan d’hommes dont les flots battent les murs.
Les esclaves courent portant des plats. Des femmes circulent offrant à boire, les corbeilles crient sous le poids des pains ; et un dromadaire, chargé d’outres percées, passe et revient, laissant couler de la verveine pour rafraîchir les dalles.
Des belluaires amènent des lions. Des danseuses, les cheveux pris dans des filets, tournent sur les mains en crachant du feu par les narines ; des bateleurs nègres jonglent, des enfants nus se lancent des pelotes de neige, qui s’écrasent en tombant contre les claires argenteries. La clameur est si formidable qu’on dirait une tempête, et un nuage flotte sur le festin, tant il y a de viandes et d’haleines. Quelquefois une flammèche des grands flambeaux, arrachée par le vent, traverse la nuit comme une étoile qui file.
Le Roi essuie avec son bras les parfums de son visage. Il mange dans les vases sacrés, puis les brise ; et il énumère intérieurement ses flottes, ses armées, ses peuples. Tout à l’heure, par caprice, il brûlera son palais avec ses convives. Il compte rebâtir la tour de Babel et détrôner Dieu.
Antoine lit, de loin, sur son front, toutes ses pensées. Elles le pénètrent, et il devient Nabuchodonosor.
Aussitôt il est repu de débordements et d’exterminations, et l’envie le prend de se rouler dans la bassesse. D’ailleurs la dégradation de ce qui épouvante les hommes est un outrage fait à leur esprit, une manière encore de les stupéfier ; et comme rien n’est plus vil qu’une bête brute, Antoine se met à quatre pattes sur la table, et beugle comme un taureau.
Il sent une douleur à la main, — un caillou, par hasard, l’a blessé, — et il se retrouve devant sa cabane.
L’enceinte des roches est vide. Les étoiles rayonnent. Tout se tait. “
C’è una grande somiglianza tra il caotico banchetto di re Nabuchodonosor, il quale medita di far uccidere tutti i convitati, e il dipinto di Delacroix “ La morte di Sardanapalo “.
Pag. 63 : la regina di Saba. L’aspetto della donna fatale ha qui caratteristiche “ sadiche “ che sono assenti ne L’anello di Salomone. La regina di Saba di Flaubert ha infatti un’apparenza felina, dotata com’è di unghie acuminate come aghi, mentre Barrili ci dipinge una bella donna misteriosa ma, almeno fisicamente, piuttosto innocua ( anche se la sua assenza arrecherà molto dolore al povero sedotto Salomone ). Ecco dunque la regina di Saba :
“ Sur son dos, parmi des coussins de laine bleue, jambes croisées, paupières à demi closes et se balançant la tête, il y a une femme si splendidement vêtue qu’elle envoie des rayons autour d’elle. La foule se prosterne, l’éléphant plie les genoux, et
                                                   La Reine de Saba
se laissant glisser le long de son épaule, descend sur les tapis et s’avance vers saint Antoine.
Sa robe en brocart d’or, divisée régulièrement par des falbalas de perles, de jais et de saphirs, lui serre la taille dans un corsage étroit, rehaussé d’applications de couleur, qui représentent les douze signes du Zodiaque. Elle a des patins très hauts, dont l’un est noir et semé d’étoiles d’argent, avec un croissant de lune, et l’autre, qui est blanc, est couvert de gouttelettes d’or avec un soleil au milieu. Ses larges manches, garnies d’émeraudes et de plumes d’oiseau, laissent voir à nu son petit bras rond, orné au poignet d’un bracelet d’ébène, et ses mains chargées de bagues se terminent par des ongles si pointus que le bout de ses doigts ressemble presque à des aiguilles.
Une chaîne d’or plate, lui passant sous le menton, monte le long de ses joues, s’enroule en spirale autour de sa coiffure poudrée de poudre bleue, puis, redescendant, lui effleure les épaules et vient s’attacher sur sa poitrine à un scorpion de diamant, qui allonge la langue entre ses seins. Deux grosses perles blondes tirent ses oreilles. Le bord de ses paupières est peint en noir. Elle a sur la pommette gauche une tache brune naturelle ; et elle respire en ouvrant la bouche, comme si son corset la gênait.
Elle secoue, tout en marchant, un parasol vert à manche d’ivoire, entouré de sonnettes vermeilles ; et douze négrillons crépus portent la longue queue de sa robe, dont un singe tient l’extrémité qu’il soulève de temps à autre.
Elle dit :
Ah ! Bel ermite ! Bel ermite ! Mon cœur défaille !
À force de piétiner d’impatience il m’est venu des calus au talon, et j’ai cassé un de mes ongles ! J’envoyais des bergers qui restaient sur les montagnes la main étendue devant les yeux, et des chasseurs qui criaient ton nom dans les bois, et des espions qui parcouraient toutes les routes en disant à chaque passant : « L’avez-vous vu ? » “
Pag. 89 : Antonio viene iniziato da Ilarione ai misteri della sapienza. Viene introdotto in una immensa basilica ove stanno riuniti a disputare tutti i saggi del mondo. Vi sono i capi delle varie sette eretiche, gli gnostici e gli asceti visionari. Sembra una satira dell’esoterismo da strapazzo del mondo moderno. Flaubert dimostra di conoscere bene le dottrine degli gnostici. Sono presentate tutte le eresie, anche le più abominevoli.
Pag. 129 : appare Simon Mago che conduce Elena o Ennoia, la donna maledetta e impura.
Pag. 138 : ecco il mago-teurgo Apollonio di Tiana :
“ Apollonius
Je te raconterai d’abord la longue route que j’ai parcourue pour obtenir la doctrine ; et si tu trouves dans toute ma vie une action mauvaise, tu m’arrêteras, — car celui-là doit scandaliser par ses paroles qui a méfait par ses œuvres. …
La nuit de ma naissance, ma mère crut se voir cueillant des fleurs sur le bord d’un lac. Un éclair parut et elle me mit au monde à la voix des cygnes qui chantaient dans son rêve.
Jusqu’à quinze ans, on m’a plongé, trois fois par jour, dans la fontaine Asbadée, dont l’eau rend les parjures hydropiques ; et l’on me frottait le corps avec les feuilles du cnyza, pour me faire chaste.
Une princesse palmyrienne vint un soir me trouver, m’offrant des trésors qu’elle savait être dans des tombeaux. Une hiérodoule du temple de Diane s’égorgea, désespérée, avec le couteau des sacrifices ; et le gouverneur de Cilicie, à la fin de ses promesses, s’écria devant ma famille qu’il me ferait mourir ; mais c’est lui qui mourut trois jours après, assassiné par les Romains. …
J’ai, pendant quatre ans de suite, gardé le silence complet des Pythagoriciens. La douleur la plus imprévue ne m’arrachait pas un soupir ; et au théâtre, quand j’entrais, on s’écartait de moi comme d’un fantôme. …
Le temps de mon épreuve terminé, j’entrepris d’instruire les prêtres qui avaient perdu la tradition. …
J’ai devisé avec les Samanéens du Gange, avec les astrologues de Chaldée, avec les mages de Babylone, avec les druides gaulois, avec les sacerdotes des nègres ! J’ai gravi les quatorze Olympes, j’ai sondé les lacs de Scythie, j’ai mesuré la grandeur du désert ! …
J’ai d’abord été jusqu’à la mer d’Hyrcanie. J’en ai fait le tour ; et par le pays des Baraomates, où est enterré Bucéphale, je suis descendu vers Ninive. Aux portes de la ville, un homme s’approcha. …
Après Ctésiphon, nous entrâmes sur les terres de Babylone. …
Le Roi m’a reçu debout, près d’un trône d’argent, dans une salle ronde, constellée d’étoiles ; — et de la coupole pendaient, à des fils que l’on n’apercevait pas, quatre grands oiseaux d’or, les deux ailes étendues. … “
Pag. 143 : Damis e Apollonio descrivono Babilonia. E’ evidente che la fonte utilizzata da Flaubert è Erodoto, I, cap. 179.
Pag. 156-157 : il saggio Apollonio rivela la sua vera natura di tentatore dicendo ad Antonio :
“ Je te ferai monter sur les licornes, sur les dragons, sur les hippocentaures et les dauphins ! …
Tu connaîtras les démons qui habitent les cavernes, ceux qui parlent dans les bois, ceux qui remuent les flots, ceux qui poussent les nuages. …
Je t’expliquerai la raison des formes divines, pourquoi Apollon est debout, Jupiter assis, Vénus noire à Corinthe, carrée dans Athènes, conique à Paphos. … “
Giunge addirittura a promettere un sacrilegio :
“ J’arracherai devant toi les armures des Dieux, nous forcerons les sanctuaires, je te ferai violer la Pythie !
Al che, proprio come se si trovasse davanti al demonio sant’Antonio esclama : “ Au secours, Seigneur ! “ e si precipita alla croce.
“ Il se précipite vers la croix.
Apollonius
Quel est ton désir ? Ton rêve ? Le temps seulement d’y songer…
Antoine
Jésus, Jésus, à mon aide !
Apollonius
Veux-tu que je le fasse apparaître, Jésus ?
Antoine
Quoi ? Comment ?
Apollonius
Ce sera lui ! Pas un autre ! Il jettera sa couronne, et nous causerons face à face !
Damis
bas :
Dis que tu veux bien ! Dis que tu veux bien !
Antoine, au pied de la croix, murmure des oraisons. Damis tourne autour de lui, avec des gestes patelins.
Voyons, bon ermite, cher saint Antoine ! Homme pur, homme illustre ! Homme qu’on ne saurait assez louer ! Ne vous effrayez pas ; c’est une façon de dire exagérée, prise aux Orientaux. Cela n’empêche nullement…
Apollonius
Laisse-le, Damis ! Il croit, comme une brute, à la réalité des choses. La terreur qu’il a des Dieux l’empêche de les comprendre ; et il ravale le sien au niveau d’un roi jaloux !
Toi, mon fils, ne me quitte pas !
Il s’approche à reculons du bord de la falaise, la dépasse, et reste suspendu.
Par-dessus toutes les formes, plus loin que la terre, au delà des cieux, réside le monde des idées, tout plein du Verbe ! D’un bond, nous franchirons l’autre espace ; et tu saisiras dans son infinité l’Éternel, l’Absolu, l’Être ! — Allons ! Donne-moi la main ! En marche !
Tous les deux, côte à côte, s’élèvent dans l’air, doucement.
Antoine, embrassant la croix, les regarde monter.
Ils disparaissent. “
Pag. 175, cap. V : apparizione del dio-pesce Oannès ( “ Ensuite, paraît un être singulier, ayant une tête d’homme sur un corps de poisson. Il s’avance droit dans l’air, en battant le sable de sa queue ; — et cette figure de patriarche avec de petits bras fait rire Antoine “ ) . Vedi Semiramide ( 1873 ) di Anton Giulio Barrili ( cap. VII, “ Le prische istorie “ ). Si noti la somiglianza di questo passo della Tentation con quello di Semiramide. ( Le notizie su Oannès sono tratte dagli scritti in greco del caldeo Beroso ). Dice Oannès :
“ Respecte-moi ! Je suis le contemporain des origines.
J’ai habité le monde informe où sommeillaient des bêtes hermaphrodites, sous le poids d’une atmosphère opaque, dans la profondeur des ondes ténébreuses, — quand les doigts, les nageoires et les ailes étaient confondus, et que des yeux sans tête flottaient comme des mollusques, parmi des taureaux à face humaine et des serpents à pattes de chien.
Sur l’ensemble de ces êtres, Omorôca, pliée comme un cerceau, étendait son corps de femme. Mais Bélus la coupa net en deux moitiés, fit la terre avec l’une, le ciel avec l’autre ; et les deux mondes pareils se contemplent mutuellement.
Moi, la première conscience du chaos, j’ai surgi de l’abîme pour durcir la matière, pour régler les formes ; et j’ai appris aux humains la pêche, les semailles, l’écriture et l’histoire des Dieux.
Depuis lors, je vis dans les étangs qui restent du déluge. Mais le désert s’agrandit autour d’eux, le vent y jette du sable, le soleil les dévore ; — et je meurs sur ma couche de limon, en regardant les étoiles à travers l’eau. J’y retourne.
Il saute, et disparaît dans le Nil.
E nella Semiramide si legge : “ Nel principio, tutto era tenebre ed acqua, per entro a cui si movevano confusi gli elementi di ogni cosa che è. Forme strane di viventi erano allora; mostri con due facce e quattro ali, o con due teste e corna e pie' di caprone, o di cervo, centauri, sirene, tori dall'aspetto umano e cani che finivano in coda di pesce, insieme con molte altre specie di rettili e serpenti di smisurata lun­ghezza. In questa confusione di tutte cose, re­gnava silenziosa la gran madre Omoròca, detta anche Talatta, nel sacro idioma dei Gasdim. E allora comparve Bel, il dio della luce e dell'aria. Venne egli con le sue innumerevoli schiere di Baalim, e d'un colpo della sua spada fiammeg­giante, divise Omoròca in due parti. Così furono il cielo e la terra. “
A pag. 90 si legge : “ Ad Ailuro, che fu il primo re, succedettero Alapùr ed Amelon; a questi, Amènnone, il pre­diletto dei cieli. Imperocchè, essendo egli sulla riva del mare, vide emergere dai flutti Oanne, il dio marino, il gran pesce, che ha voce ed aspetto umano. Questi non prendeva cibo, siccome è co­stume degli uomini; appariva ogni mattina alla spiaggia, e ogni sera s'inabissava nei gorghi. Fu egli che insegnò ad Amènnone l'uso delle lettere sacre e l'arti che fanno felici gli uomini, il semi­nare, il raccogliere, il radunarsi a civile consor­zio, murare città, edificar templi e far sacrifizi agli Dei.
Prima di quel tempo, gli uomini non avevano leggi, nè riti. Viveano essi sotto le tende, o va­gavano per la pianura a guisa di fiere; ammiravano le pietre e temevano il fulmine, che si spri­giona dalle nubi. Ma dopo gl'insegnamenti di Oanne, conobbero gli Dei ed offersero loro i frutti della terra. Così nacque il culto di Oa, il nume emerso dai flutti, il re del mondo inferiore; di Bel, il risplendente, il demiurgo, l'ordinatore di Omoròca; di Ilu, il signore delle acque, e così di tutte le altre personificazioni della potenza suprema, infìno a dodici, aventi in sè doppia forma, virile e femminea. “
Pag. 177-178 : prostituzione sacra a Babilonia. Flaubert come Barrili ha letto il I libro delle Storie di Erodoto. Vedi il cap. II di Semiramide ( “ Militta Zarpanit “ ) dove si descrive la prostituzione sacra di Babilonia.
Flaubert :
“ Antoine aperçoit un jardin, éclairé par des lampes.
Il est au milieu de la foule, dans une avenue de cyprès. À droite et à gauche, des petits chemins conduisent vers des cabanes établies dans un bois de grenadiers, que défendent des treillages de roseaux.
Les hommes, pour la plupart, ont des bonnets pointus avec des robes chamarrées comme le plumage des paons. Il y a des gens du nord vêtus de peaux d’ours, des nomades en manteau de laine brune, de pâles Gangarides à longues boucles d’oreilles ; et les rangs comme les nations paraissent confondus, car des matelots et des tailleurs de pierres coudoient des princes portant des tiares d’escarboucles avec de hautes cannes à pomme ciselée. Tous marchent en dilatant les narines, recueillis dans le même désir.
De temps à autre, ils se dérangent pour donner passage à un long chariot couvert, traîné par des bœufs ; ou bien c’est un âne, secouant sur son dos une femme empaquetée de voiles, et qui disparaît aussi vers les cabanes.
Antoine a peur, il voudrait revenir en arrière. Cependant une curiosité inexprimable l’entraîne.
Au pied des cyprès, des femmes sont accroupies en ligne sur des peaux de cerf, toutes ayant pour diadème une tresse de cordes. Quelques-unes, magnifiquement habillées, appellent à haute voix les passants. De plus timides cachent leur figure sous leurs bras, tandis que par derrière, une matrone, leur mère sans doute, les exhorte. D’autres, la tête enveloppée d’un châle noir et le corps entièrement nu, semblent, de loin, des statues de chair. Dès qu’un homme leur a jeté de l’argent sur les genoux, elles se lèvent.
Et on entend des baisers sous les feuillages, — quelquefois un grand cri aigu.
Hilarion
Ce sont les vierges de Babylone qui se prostituent à la Déesse.
Antoine
Quelle Déesse ?
Hilarion
La voilà !
Et il lui fait voir, tout au fond de l’avenue, sur le seuil d’une grotte illuminée, un bloc de pierre représentant l’organe sexuel d’une femme.
E Barrili : “ Il sacro recinto non era anche spopolato del tutto; imperocchè, sedute in lungo ordine su panche di legno, attorniate da curiosi che le veniano squadrando degli occhi, stavano molte donne in attesa, con funicelle ravvolte intorno al capo, e, ognuna di esse giusta la sua condizione, nobilmente vestite ed adorne. Quella era per fermo la celebrazione d'un rito; nè il re d'Armenia lo ignorava, essendo allora i misteri di Militta Zarpanit famosi per tutte le circonvicine regioni.
Così voleva il costume, che ogni donna babilo­nese dovesse, una volta in sua vita, rimanersi nel tempio aspettando, fino a tanto non avesse pagato il suo tributo alla Dea. Ciò ch'ella riceveva dall'ignoto, il quale accostavasi a lei, rivol­gendole la frase "invoco per te la dea Militta", dovevasi gittare in offerta nella coppa di bronzo. Nè ella, poichè s'era così seduta in attesa, con la funicella intorno alle tempie, potea più respinger l'omaggio dello straniero, chiunque egli fosse. Mostruoso rito; ma non è in balìa del narratore il mutarlo. “
Pag. 188 : apparizione di Iside. Si noti il frequente richiamo all’antica religione dell’Egitto da parte di Novalis, Bulwer, Gautier, Flaubert, Schuré, e si tenga presente l’insegnamento e l’esempio di Apuleio.
“ Cependant il distingue de l’autre côté du Nil, une Femme — debout au milieu du désert.
Elle garde dans sa main le bas d’un long voile noir qui lui cache la figure, tout en portant sur le bras gauche un petit enfant qu’elle allaite. À son côté, un grand singe est accroupi sur le sable.
Elle lève la tête vers le ciel ; — et malgré la distance on entend sa voix.
Isis
Ô Neith, commencement des choses ! Ammon, seigneur de l’éternité, Phthah, démiurge, Thoth son intelligence, Dieux de l’Amenthi, triades particulières des Nomes, éperviers dans l’azur, sphinx au bord des temples, ibis debout entre les cornes des bœufs, planètes, constellations, rivages, murmures du vent, reflets de la lumière, apprenez-moi où se trouve Osiris !
Je l’ai cherché par tous les canaux et tous les lacs, — plus loin encore, jusqu’à Byblos la Phénicienne. Anubis, les oreilles droites, bondissait autour de moi, jappant, et fouillant de son museau les touffes des tamarins. Merci, bon Cynocéphale, merci ! “




Eugène Delacroix,  La morte di Sardanapalo