domenica 30 novembre 2014

Misandra, cap. 18





Era stato dunque un sogno, un vaneggiamento dei sensi, un turbamento dello spirito, una vaga fuga della fantasia, il suo amore per Misandra ?
Era come morta per lui, ed era davanti a lui, ed egli l’avrebbe vista per l’ultima volta, poiché era giunto proprio per l’estremo addio.
E Misandra gli aveva rivolto un’ultima volta la parola, prima che si chiudessero per sempre i cancelli di quel giardino proibito.
Ebbe la sensazione di non aver vissuto che per quegli ultimi giorni, solo per quegli ultimi giorni.
Tutto è perduto “ si disse, poi che la giovinezza era scomparsa per incanto. E solo allora riusciva, se pur ancora vagamente, a rendersi conto di averla amata, negli anni della fanciullezza, quando si può dire di non essere consapevoli di nulla, di averla veramente e profondamente amata. Ricordava la fanciulla graziosa, dagli occhi splendenti, dalla fronte nobile e lucente come un astro, alta e atletica come Artemide, e pensava a remote passeggiate nei boschi, ormai cinte nel ricordo dalla luce magica d’un’irraggiungibile aurora. Era la più bella del suo tempo : lo dicevano gli uomini, e lo confessavano le donne. Chi la vide e non l’amò ?
Si raccolse in se stesso. La realtà che già l’offendeva quotidianamente con la sua incomprensibile esigenza di vita comune insieme ad una moltitudine d’umanità bruta e malriuscita, con quella folla di aborti prepotenti e di boriosi idioti che dominavano il mondo, quella realtà ora gli aveva sottratto l’unico sogno.
Sentiva la pena per la propria sensibilità eccessiva, quasi un male, il cui castigo era il dileggio da parte del savio mondo, sentiva svanire a poco a poco l’amore per la vita insieme al suo sogno, per cui solo era valso trascinare l’esistenza, quasi per il miraggio d’un attimo fuggevole d’incantevole e incommensurabile ebbrezza.
Ora ella appariva sulla terrazza, al chiarore lunare, volta all’orizzonte stellato e al mare infinito.
Il suo viso era un opale velato dall’ombra, la sua chioma la nera brezza aspra, ella respirava profondamente, lentamente, il fresco alito notturno. Inviolata, come un fiore negli abissi, ella appariva, irraggiungibile.
Ma, a un tratto, ella lo colse in un bagliore, e gli occhi avvamparono come un rogo, e un’onda impetuosa, vasta e furente lo abbatté invadendolo, scuotendo e sradicando tutto il suo essere. Come una fiera lo avvinse tra i suoi artigli ed egli restò pietrificato, preda senza scampo.
Rimase innanzi all’immagine di Medusa, colto da un terrore dolcissimo.
Poi le ombre si distesero, l’onda si ritrasse, il buio si chiuse.
Ed egli non vide più nulla se non il deserto del silenzio e del mare e del cielo nero sparso di fuochi, come un’immensa pianura costellata dai bivacchi e dalle veglie, prima d’una battaglia.
Ma aveva visto ciò che non doveva vedere, aveva intuito ciò che non doveva sapere. Era ormai indegno di ogni rivelazione e inutilmente avrebbe tentato l’oracolo.

La scorgeva nell’ombra della stanza.
Scorgeva la sua immagine, dardeggiante una luce estranea, sinistra, eppure vittrice, stupendamente adornata di cinto e collane e armille e un diadema, tutti di rubini sanguigni. Non d’altro era vestita, e dai suoi occhi si dipartiva l’incanto dell’iride verde azzurra, che prometteva un’ebrezza sconfinata, come il mare che dietro a lei appariva e si fondeva all’orizzonte col cielo vespertino. Alta la luna sovra di lei la irradiava della luminosità lugubre del plenilunio, mentre gli ultimi raggi del crepuscolo venivano catturati dai rubini.
Ella lo guardava enigmatica.
Dietro di lei la sagoma oscura di un grande armadio a specchio sorgeva dall’ombra e il vetro era simile ad una rettangolare lastra d’argento, ma vi si posava soltanto la luce lunare, poi che la figura di Misandra pur essendogli innanzi si rivelava trasparente e invisibile come l’aria notturna traversata dai pallidi vapori della luna.
Un misterioso terrore lo invase. E il ricordo di leggende remote tramandate dai racconti gotici letti da ragazzo gli presentò alla mente curiose coincidenze. Non era forse anch’egli, però, un misterioso essere notturno ? Non era infatti riflesso dallo specchio, dato che si trovava di fronte a lei ed ella non era che un fantasma trasparente.
Ma ella sorrise d’un sorriso ineffabile e lo guardò a lungo, così, e i suoi occhi luminosi erano pieni di promesse.
Poi porse le braccia verso di lui e avanzò lentamente, un piede dopo l’altro, leggera quasi sfiorando terra.
E allora gli parve ch’ella discendesse da una nube radiante, e gli occhi di lei s’accesero, estatici, misteriosi.
Cadde innanzi a lei, vinto, ed ebbe tuttavia l’ardire di volgere il volto in su, a lei, fissandola rapito e atterrito nel contempo, invaso e travolto da un potere invincibile, come una nave dalla tempesta.
E le ondate impetuose della passione lo circondavano in un brivido vorticoso, in una spirale di inniti vittoriosi e schiumanti quali flutti che si frangono in mille lamine argentee contro gli scogli, fragorosi all’ululo dei venti.
Fu allora travolto da quei flutti e percorso dai brividi violenti del desiderio. Le sue membra furono attraversate da una forza irresistibile, oscura. Un’ebrietudine lo possedette, una follia bacchica che rese il suo corpo sinuoso come la spirale d’un serpente e privandolo della ragione gli donò inaudite facoltà e poteri prima sconosciuti.
S’avvinghiò a lei, la cinse, affondò il volto fra i suoi seni e si esaltò al profumo della sua carne, candida come avorio.
Ma il sogno lo possedette.
Si sentì abbrancare, trascinare verso l’alto in un vortice d’ombre e di luci, mentre il suo spirito esaltato era in preda alla vibrazione d’un’eccelsa armonia, d’un inno di vittoria. E ondate di luce bionda pervasero la sua mente, cullarono la sua immaginazione in un brivido di dolcezza e di oblìo. Vibrarono le corde del suo spirito interamente posseduto. Egli era felice e libero come pura musica.



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