venerdì 3 gennaio 2014

Condanna







 
Nell’ombra smarrendosi, dissolvendosi, errava verso brume lontane, diffuse nelle vallate, sorgenti tra rocce livide, bramose di tempeste. Laggiù gracchiavano corvi, rumoreggiavano acque. Un sordo tonare saliva dal grembo della montagna. Sparsi fuochi levitavano sagome danzanti e minacciose, e strida acute aleggiavano di rapaci notturni.
Forse fughe tra rami contorti, nel folto dei boschi, forse rapite estasi ed inni di gioia selvaggia gareggiavano coi vagiti e i mugolii delle tenebre. Strane note d’ignoti strumenti scaturivano dal profondo, dalle macchie nere sotto i dirupi, dalle gole nascoste alla luna.
E il mare, selvaggio e crinito, urlava contro le rocce, laggiù nell’oscurità, a tratti inluminata dalla lampada notturna, quasi dietro le nubi frante sorgesse erta da un braccio misterioso. Urlava e sibilava, un tortuoso immane serpente verde, un drago dalla cresta irta e biancastra, fluente chioma incolta.
Nel vago lamento sorgevano, fra i vapori salsi, fuochi sulfurei, un corteo sinuoso saliva per il pendio, una nenia rotta da improvvisi silenzi avanzava, scaturita dal gorgo profondo, un mistico coro ascendeva dai meandri di una stigia palude. Nel folto dei canneti echeggiava un uluco maligno. E il grido si mesceva al roco afflato delle onde perse.
E perso egli era nell’ombra cupa del suo destino, un rigagnolo dilungantesi nel fango e tra le zolle cespose e pallide sotto la luna esangue. Forse anch’egli fatalmente volgeva a cogliere ingenuo i grani purpurei della punica mela e a inghiottirli, per sempre nell’abisso della propria condanna ?
Rispose un nero tuono, e fremette vacillando come all’aprirsi d’un baratro sotto di lui.
La nebbia ribolliva intorno alle rocce, i nembi sorgevano attorti e solidi sotto di lui, bianchi e sulfurei, quasi schiuma da frementi oceani del cupo inferno, i cui flutti s’infrangono sul lido vivido, sparso di sassi come teste tronche di dannati.

Nessun commento:

Posta un commento